Burocrazia e inquinamento: l’inerzia tra India e Pakistan che avvelena l’aria

L’ipotesi di partenza è che i burocrati locali, essendo ritenuti direttamente responsabili della qualità dell'aria e della salute pubblica all'interno delle proprie aree di competenza, siano maggiormente incentivati a intraprendere azioni di controllo e sanzionare gli incendi quando l'inquinamento riguarda le loro giurisdizioni
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Nel vasto panorama agricolo dell’Asia meridionale, un nemico invisibile mette a repentaglio la salute di milioni di persone ogni anno: l’inquinamento atmosferico generato dalla bruciatura dei residui di coltura. Questa pratica, per quanto vietata dalla legge, continua a essere ampiamente utilizzata dagli agricoltori locali come metodo rapido e a basso costo per liberare i campi in preparazione della semina successiva. Mentre la combustione dei residui è una delle principali fonti di inquinamento, specialmente durante i mesi del raccolto invernale, l’inerzia o l’azione mirata dei burocrati sembra giocare un ruolo fondamentale nel decidere quanto efficacemente vengano imposte le sanzioni e applicati i divieti.

Secondo uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, i burocrati in India e Pakistan sarebbero più propensi a imporre sanzioni sulla bruciatura dei residui solo quando gli effetti nocivi della combustione si riversano all’interno delle loro stesse giurisdizioni. Questo fenomeno, alimentato da incentivi personali e politici, offre uno spunto critico su come il controllo dell’inquinamento potrebbe essere migliorato nella regione. Infatti, l’azione amministrativa varia sensibilmente in base alle conseguenze geografiche della combustione, che siano sull’ambiente o sulla salute pubblica, dimostrando una mancanza di coordinazione burocratica soprattutto tra i due stati vicini.

La piaga dell’inquinamento atmosferico in Asia meridionale

L’inquinamento atmosferico rappresenta una delle minacce sanitarie più gravi al mondo, e l’Asia meridionale è al centro di questa crisi. Durante i mesi invernali, la qualità dell’aria peggiora drammaticamente, specialmente a causa delle emissioni derivanti dalla combustione di residui vegetali. Si stima che la combustione dei raccolti contribuisca tra il 40 e il 60% dell’inquinamento atmosferico totale in questo periodo. Gli sforzi per combattere questa pratica sono spesso insufficienti e sporadici, con i divieti che vengono infranti da migliaia di agricoltori, che preferiscono questa soluzione per risparmiare sui costi di lavorazione del suolo e accelerare il processo di rotazione delle colture.

L’assenza di un’applicazione rigorosa delle leggi riflette in parte l’indifferenza e la discrezionalità dei funzionari amministrativi, che sembrano agire solo quando il problema dell’inquinamento raggiunge i loro confini.

Il ruolo della burocrazia: un’azione selettiva e mirata

La ricerca condotta da Gemma Dipoppa e Saad Gulzar ha cercato di capire come la burocrazia locale influisca sulla gestione della combustione dei residui agricoli. Analizzando un decennio di dati satellitari riguardanti incendi e venti – circa 18 milioni di osservazioni lungo i confini amministrativi dei distretti indiani e pakistani – gli studiosi hanno messo in luce come i funzionari siano più inclini ad agire quando l’inquinamento, trasportato dal vento, finisce per interessare i loro distretti.

L’ipotesi di partenza è che i burocrati locali, essendo ritenuti direttamente responsabili della qualità dell’aria e della salute pubblica all’interno delle proprie aree di competenza, siano maggiormente incentivati a intraprendere azioni di controllo e sanzionare gli incendi quando l’inquinamento riguarda le loro giurisdizioni. Al contrario, sono meno propensi a intervenire quando l’inquinamento si sposta verso aree distanti o oltre i confini nazionali, dove non possono essere direttamente ritenuti responsabili.

La ricerca mostra che, complessivamente, il numero di incendi di residui vegetali diminuisce del 10-13% dopo che il vento cambia direzione, portando l’inquinamento da un distretto vicino a quello d’origine dei burocrati. Questo effetto diventa particolarmente evidente al confine tra India e Pakistan, dove la mancanza di coordinazione amministrativa tra i due stati risulta in una maggiore riluttanza ad agire, poiché le azioni intraprese da una parte non hanno alcun impatto al di là del confine. Qui, la riduzione degli incendi è cinque volte più grande rispetto ad altre zone.

Le conseguenze sulla salute pubblica: una tragedia evitabile

I risultati dello studio hanno implicazioni profondamente rilevanti per la salute pubblica. Gli autori evidenziano come la riduzione degli incendi agricoli, soprattutto se incentivata da un’azione burocratica più efficace, potrebbe prevenire una quantità significativa di decessi legati all’inquinamento atmosferico. L’inquinamento derivante dalla combustione dei residui è stato collegato a un aumento della mortalità infantile e a una serie di problemi respiratori gravi, che colpiscono soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione.

Si stima che una riduzione significativa degli incendi nei periodi di raccolta potrebbe evitare tra 1,8 e 2,7 morti su 1.000 bambini. Questi dati sollevano interrogativi morali e pratici sull’importanza di un’azione amministrativa più coordinata e incisiva per ridurre le conseguenze catastrofiche dell’inquinamento atmosferico nella regione.

La mancanza di coordinamento di India e Pakistan: un ostacolo al progresso

Uno degli aspetti più preoccupanti evidenziati dallo studio è la mancanza di coordinazione burocratica tra India e Pakistan. Mentre entrambi i paesi condividono un patrimonio agricolo simile e affrontano sfide comuni legate all’inquinamento, le loro relazioni politiche tese ostacolano qualsiasi collaborazione significativa in ambito ambientale. Il confine tra i due stati, una delle aree più militarizzate al mondo, diventa anche una linea di demarcazione per l’inquinamento, con ciascuna parte che tende a ignorare le conseguenze transfrontaliere degli incendi.

Questo isolamento amministrativo, combinato con la mancanza di volontà politica di affrontare le questioni ambientali su scala regionale, aggrava ulteriormente la situazione. Lo studio sottolinea come la cooperazione tra le due nazioni potrebbe ridurre significativamente il numero di incendi e, di conseguenza, l’inquinamento atmosferico. Tuttavia, senza una volontà politica condivisa, qualsiasi intervento rimane circoscritto a iniziative locali e inefficaci.

La via da seguire: un appello all’azione burocratica

I risultati dello studio di Dipoppa e Gulzar offrono una chiara direzione per il futuro. L’inquinamento atmosferico non conosce confini, e per combattere efficacemente questo problema occorre un’azione coordinata che coinvolga tutte le parti interessate, dai burocrati locali ai governi nazionali. L’implementazione di sanzioni più severe e di meccanismi di monitoraggio più rigorosi potrebbe portare a una significativa riduzione degli incendi agricoli, migliorando la qualità dell’aria e salvaguardando la salute pubblica.

Ma affinché ciò accada, è necessario un cambiamento di paradigma. I funzionari amministrativi devono essere incentivati non solo a proteggere i propri distretti, ma anche a lavorare insieme per il bene collettivo della regione. La salute pubblica e l’ambiente devono diventare priorità condivise, e la cooperazione transfrontaliera è la chiave per affrontare una delle più grandi emergenze ambientali dell’Asia meridionale.

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