Uno studio trentennale condotto dall’Università di Uppsala e pubblicato sul New England Journal of Medicine ha rivelato che il tasso di sopravvivenza degli uomini con cancro alla prostata è aumentato del 17% tra quelli che hanno subito un’asportazione totale della ghiandola prostatica subito dopo la diagnosi, rispetto a chi ha atteso l’insorgenza di sintomi. Gli uomini sottoposti a chirurgia hanno vissuto in media 2,2 anni in più.
Lo studio, iniziato nel 1989, ha arruolato 695 uomini con cancro alla prostata, confrontando l’efficacia della chirurgia con il trattamento standard dell’epoca, che prevedeva l’inizio del trattamento solo al manifestarsi di sintomi. Dopo trent’anni, la maggior parte dei deceduti era morta per cause non legate al cancro, evidenziando un rischio del 17% inferiore di morte per cancro alla prostata per il gruppo sottoposto a intervento chirurgico.
Gli esperti hanno sottolineato l’importanza di considerare l’impatto a lungo termine delle decisioni terapeutiche e il fatto che l’analisi dei dati a breve termine possa non riflettere adeguatamente i benefici e i rischi del trattamento. Infine, si osserva che oggi la prognosi è migliore grazie all’uso diffuso del test PSA per la diagnosi precoce.