Corsa contro il tempo: il piano per salvare 1,5 milioni di italiani dal rischio idrogeologico

Tra le prime misure, sono inclusi progetti per la messa in sicurezza di aree ad alto rischio di frane e alluvioni, con opere di consolidamento del territorio e protezione delle infrastrutture esistenti
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L’Italia, tra i Paesi europei più vulnerabili al dissesto idrogeologico, sta affrontando la questione attraverso una combinazione di investimenti, riforme normative e interventi strutturali e non strutturali, sostenuti principalmente dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Con un budget di 2,49 miliardi di euro, il PNRR mira a ridurre il rischio idrogeologico e prevenire alluvioni, con l’obiettivo di proteggere circa 1,5 milioni di persone entro il 2026. Questa importante iniezione di fondi rappresenta un tentativo di rispondere all’urgenza di rendere più sicuri i territori più esposti e ridurre la frequenza e l’intensità dei danni causati da eventi meteorologici estremi.

Un aspetto cruciale delle strategie anti-dissesto riguarda le riforme legislative che mirano a semplificare e velocizzare le procedure di intervento. Le criticità amministrative e l’inefficacia di un sistema di governance frammentato hanno finora rallentato gli interventi. La riforma in corso punta a eliminare questi ostacoli burocratici, migliorando la gestione e l’efficacia delle risorse destinate alla sicurezza del territorio.

Sul fronte degli interventi concreti, le strategie prevedono un mix di misure strutturali e non strutturali. Tra le prime, sono inclusi progetti per la messa in sicurezza di aree ad alto rischio di frane e alluvioni, con opere di consolidamento del territorio e protezione delle infrastrutture esistenti. Parallelamente, le misure non strutturali comprendono la manutenzione del territorio, la riqualificazione e il monitoraggio costante, nonché l’implementazione di piani di gestione del rischio idrico e alluvionale.

La distribuzione dei fondi del PNRR per il dissesto idrogeologico è stata pensata in base alle specifiche esigenze territoriali. La Lombardia, per esempio, riceve la quota più consistente, seguita da Emilia-Romagna e Sicilia. In Emilia-Romagna, regione particolarmente colpita da eventi di dissesto, sono stati finanziati 222 progetti per un totale di 97 milioni di euro.

Tuttavia, il percorso di messa in sicurezza non è privo di sfide. L’assenza di una politica nazionale preventiva unificata e la debolezza operativa di alcuni enti esecutori sono ancora ostacoli importanti. Per superare questi limiti, si evidenzia l’urgenza di aggiornare i Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e di potenziare il ruolo delle Autorità di Bacino distrettuali, responsabili della gestione integrata delle risorse idriche a livello regionale.

In termini di governance, il coordinamento tra i diversi enti rappresenta un nodo critico. A tal fine, la Presidenza del Consiglio ha istituito un Gruppo di lavoro con il mandato di analizzare e migliorare l’assetto istituzionale, proponendo semplificazioni che possano rendere più rapida l’attuazione degli interventi. Inoltre, il Dipartimento Casa Italia, sotto la supervisione del Ministro per la Protezione Civile, è incaricato di coordinare le azioni nelle aree più critiche.

In conclusione, l’Italia sta cercando di affrontare il dissesto idrogeologico con un piano strategico che include fondi, riforme procedurali e un approccio integrato agli interventi. Rimangono tuttavia criticità strutturali legate alla gestione coordinata delle risorse e all’adeguamento delle pianificazioni locali. L’efficacia del piano dipenderà dalla capacità di superare questi ostacoli e di garantire che gli investimenti possano tradursi in una maggiore sicurezza e resilienza per i territori più esposti.

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