Dall’incontro con Elon Musk a New York, a quello con Brad Smith a Roma, passando per Larry Fink, il filo conduttore dei contatti avuti in queste settimane dalla premier Giorgia Meloni è uno, la necessità di far fare all’Italia un ”salto quantico” nella digitalizzazione del Paese. Giampiero Massolo, ex segretario generale della Farnesina e senior advisor dell’Ispi, legge in questi termini gli incontri che si sono susseguiti in questi giorni con gli ad di grandi aziende americane del settore, incontri che potrebbero anche servire a ‘coprirci’ nel caso di una presidenza Trump.
”Noi viviamo in un contesto internazionale in cui diciamo che non solo singole grandi aziende ma anche addirittura singoli individui si pongono ormai da pari a pari con gli Stati – spiega Massolo, parlando con l’Adnkronos – Questo è particolarmente evidente nel caso di Elon Musk, di cui basta citare non solo la sua attività nel settore cibernetico, dell’intelligenza artificiale, ma anche dei vettori spaziali di cui è fornitore monopolista addirittura dell’amministrazione americana, fino al sistema Starlink, la cui accensione e spegnimento ha per molto tempo rappresentato per gli ucraini l’unica modalità di fruire o meno di Internet”. La premessa serve all’ambasciatore, che fa parte dell’International Adivsory Board dell’Atlantic Council (il think tank del premio alla Meloni consegnato da Musk) per spiegare che ”non può il premier di una grande democrazia occidentale europea non avere un contatto, un rapporto di conoscenza e di possibilità di sondaggi sulle eventuali prospettive di collaborazione con una personalità come questa”. Del resto, continua, ”è notizia di questi giorni di contatti con Larry Fink del fondo di investimento Blackrock, piuttosto che con l’ad di Microsoft Smith: manifestamente perché l’Europa e in particolare l’Italia deve fare un salto quantico per quanto riguarda la sua digitalizzazione, di avere e di gestire con la dovuta velocità grandi ammontare di dati”.
Secondo Massolo, autore di Realpolitik, ”questa è una partita dalla quale non si può stare fuori e l’idea di progredire in maniera esponenziale non solo incrementalmente spinge giustamente il governo a ricercare questo genere di collaborazione”. Una collaborazione che è tanto più necessaria nel caso di una futura amministrazione Trump. Musk allora per la Meloni è la via verso il candidato repubblicano? ”Trump – spiega – sarebbe un presidente che prescinderebbe dalle ideologie e si muoverebbe sulla base delle reciproche convenienze. Non è l’approccio ideologico che potrà contare con un’eventuale amministrazione americana, ma un approccio in cui si ha qualcosa da offrire per avere qualcosa in cambio”. E allora, chiosa Massolo, ‘‘da questo punto di vista un rapporto con Musk piuttosto che con Fink e altri renderà più solido il nostro piatto della bilancia: rafforzare attraverso gli investimenti la base tecnologica e industriale dell’Italia renderebbe il Paese più competitivo e meglio in grado di partecipare alla competizione internazionale e a questo grande gioco di trade off che è ormai la comunità internazionale e che si accentuerebbe con l’eventuale presidenza Trump”.