I delfini sono giocherelloni, e ridono pure

La scoperta da uno studio pubblicato sulla rivista iScience dell’Unità di Etologia dell’Università di Pisa in collaborazione con le università di Torino e di Rennes
MeteoWeb

I delfini sono giocherelloni e si sa, la scoperta è che quando giocano fra loro ridono pure. Una nuova ricerca, appena pubblicata sulla rivista Cell Press iScience e condotta dall’Università di Pisa, ha dimostrato infatti per la prima volta che questi animali (nome scientifico Tursiops truncatus) usano una particolare espressione facciale a “bocca aperta”, analoga alla risata di altre specie di mammiferi, nelle loro interazioni ludiche.

Nel corso del nostro studio non solo abbiamo osservato questa espressione facciale, ma abbiamo anche dimostrato che i delfini sono in grado replicarla – spiega la professoressa Elisabetta Palagi dell’Ateno pisano che ha coordinato il team di ricerca internazionale – infatti quando vedono la “risata” di un loro simile la ricambiano una volta su tre”.

Il gioco dei delfini può includere acrobazie, surf, giochi con gli oggetti, inseguimenti e combattimenti, ed è importante che queste attività non vengano fraintese con atti di aggressioni.

Il gesto della bocca aperta si è probabilmente evoluto dall’azione del mordere, interrompendo la sequenza del morso per lasciare solo l’“intenzione di mordere” senza contatto,” continua Palagi. “La bocca aperta rilassata, che si vede nei mammiferi, dai carnivori, ai primati, uomo incluso, è un segno universale di giocosità, che aiuta i giocatori a evitare che un gioco di lotta vada incontro a una escalation conflittuale”.

delfini ridono
Credit ZooMarine

Nel corso dello studio, ricercatrici e ricercatori hanno registrato i tursiopi in cattività mentre giocavano in coppia e mentre giocavano liberamente con i loro addestratori umani. È risultato che i delfini usano spesso l’espressione a bocca aperta quando giocano con altri delfini, ma meno frequentemente quando giocano con gli umani o da soli, in quest’ultimo caso la risata è stata rilevata un’unica volta. In totale sono stati registrati 1288 casi di “bocca aperta” durante le sessioni di gioco. I delfini erano poi più propensi a “ridere” quando si trovavano nel campo visivo del compagno di gioco – l’89% delle espressioni a bocca aperta registrate sono state emesse in questo contesto – e quando questa espressione è stato percepita è stata ricambiata il 33% delle volte.

Alcuni potrebbero obiettare che i delfini imitano le espressioni a bocca aperta dei loro simili per puro caso, ma questo non spiegherebbe velocità e frequenza di reazione, il comportamento imitativo arriva infatti entro un secondo e si verifica 13 volte di più quando c’è un contatto visivo”, spiega Veronica Maglieri, assegnista di ricerca dell’Ateneo pisano. “Questo comportamento dei delfini è inoltre molto simile con quanto osservato in altri carnivori, come le manguste e gli orsi malesi”.

Comunicare con la faccia durante il gioco è importante anche in animali acquatici – conclude Palagi – Questo aspetto è stato finora largamente trascurato nei mammiferi marini. La maggior parte degli studi si concentra su comportamenti più funzionali della comunicazione, come il coordinamento sociale o la caccia, mentre il gioco viene spesso considerato un comportamento secondario. In più, mentre molti studi sui delfini si sono focalizzati sulla comunicazione acustica (ad esempio, i fischi e i suoni emessi sott’acqua) questa ricerca esplora il ruolo della comunicazione visiva, mettendo in luce l’importanza delle espressioni facciali e ampliando così la comprensione delle molteplici modalità comunicative dei delfini che appaiono più integrate di quello che si pensava in precedenza”.

Per l’unità di Etologia del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, ha condotto lo studio la professoressa Elisabetta Palagi insieme a Veronica Maglieri e a Federica Vantaggio, studentessa magistrale. Hanno inoltre collaborato i professori Livio Favaro dell’Università di Torino e Alban Lemasson dell’Università di Rennes (Francia). Infine, il parco Zoomarine Italia, con la dottoressa Cristina Pilenga, e quello di Planete Sauvage (Francia), con il dottor Martin Boye hanno ospitato la parte sperimentale e contribuito alla parte tecnica.

Condividi