Europa, un clean industrial deal per rimanere competitivi nella corsa a zero emissioni

L'Europa è al bivio: il rapporto secondo cui l'Unione europea dovrebbe mettere in piedi un potente Clean Industrial Deal
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La forte posizione dell’Europa nella corsa industriale a zero emissioni nette è a rischio di fronte Usa e Cina. Lo afferma il rapporto del Think Tank paneuropeo Strategic Perspectives secondo cui l’Unione europea dovrebbe mettere in piedi un potente Clean Industrial Deal. Il rapporto precisa che, nonostante il timore di dirottamento degli investimenti negli Usa sotto la spinta dell’Inflation Reduction Act (Ira), l’Ue è stata la seconda sede più attraente per gli investitori net-zero nel 2023 – arrivando dopo la Cina ma prima degli Usa e raggiungendo 334 miliardi di dollari Ue (+76 miliardi di dollari sul 2022).

Inoltre, il 30% della crescita economica in Europa lo scorso anno è stata legata alla transizione net-zero, mentre 1,6 milioni di lavoratori erano impiegati solo nel settore delle energie rinnovabili nel 2022. Tuttavia, questa posizione è a rischio sia perché “gli Stati membri mettono in atto bilanci più restrittivi e il piano di ripresa dell’Ue terminerà nel 2026″, sia perché la Cina ha l’ambizione di diventare il monopolio mondiale per le tecnologie pulite.

“La Cina rappresenta il 39% degli investimenti net-zero globali (654 miliardi di dollari Usa nel 2023)” e “dopo aver dominato l’industria solare, controlla il 60% della filiera eolica e prevede di quadruplicare la produzione di batterie entro il 2030“, precisa il rapporto. Mentre gli Usa “potrebbero diventare leader tecnologico nella transizione net-zero”: in due anni, “l’Ira ha aumentato gli investimenti nella transizione net-zero a 288 miliardi di dollari, raddoppiando la capacità produttiva di cleantech nel 2023 e creando oltre 334 mila posti di lavoro”. E cresce la spesa degli Usa in ricerca e sviluppo. In questo contesto, secondo il Think Tank, la mancanza di catene del valore europee integrate e resilienti e di economie di scala nel mercato unico sta minando la capacità delle aziende Ue di competere, per cui saranno necessarie politiche e investimenti massicci.

L’annuncio di von der Leyen

Il Clean Industrial Deal annunciato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “ha il potenziale di ridurre ampiamente le dipendenze geoeconomiche dell’Ue, se include la giusta ricetta politica per costruire catene del valore net-zero integrate, raggiungendo un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra (Ghg) del 90% entro il 2040”. Secondo il Think Tank, la misura dovrebbe “investire nel mercato unico europeo” e “garantire che le dimensioni e la portata del Fondo per la competitività annunciato mantengano l’Ue competitiva ed evitino politiche fiscali restrittive, soprattutto quando Next Generation Eu terminerà nel 2026” dato che “saranno necessari almeno 668 miliardi di euro cumulativi entro il 2040 per finanziare una strategia industriale olistica net-zero che contribuisca al raggiungimento di un obiettivo di emissioni di gas serra del 90%”.

In questo senso, “stendere la governance finanziaria e le risorse di Next Generation Eu fino al 2030 potrebbe aiutare il nuovo Fondo per la competitività a partire il prima possibile”. In più, il Clean Industrial Deal dovrebbe costruire e consolidare le catene del valore dell’industria net-zero in Europa; affrontare la scarsità di energia e sostenere l’elettrificazione; generare nuove attività economiche e ridurre la dipendenza strategica dai materiali critici. In conclusione, l’Ue può guadagnare terreno. Ma “dovrebbe dare una risposta collettiva più forte per garantire che gli europei mettano le loro industrie in prima linea nell’economia a zero emissioni nette”, ha commentato Neil Makaroff, direttore di Strategic Perspectives.

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