L’Europa in ansia, rischia una nuova crisi di gas: scenari pericolosi per 3 Paesi

L'Europa potrebbe andare incontro ad una crisi del gas: possibili ripercussioni per tre Paesi 
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L’Europa potrebbe rischiare una nuova crisi del gas. Nonostante la Russia oggi fornisca una minima quantità di combustibile al vecchio continente, la fine dell’accordo di transito tra Russia e Ucraina – che finora ha permesso il passaggio di alcuni flussi cruciali per diversi Paesi europei – potrebbe creare dei problemi all’approvvigionamento europeo. Gli analisti si domandano se l’Europa possa davvero fare a meno del gas russo, e tra poco più di due mesi potremmo scoprirlo. Nei giorni scorsi, infatti, l’Ucraina ha dichiarato che non estenderà l’accordo di transito per i flussi con la Russia dopo la sua scadenza, prevista il 31 dicembre 2024.

Uno scenario che potrebbe avere ripercussioni su tutta l’Europa, in particolar modo per Austria, Slovacchia e Ungheria. Questi tre Stati ricevono ancora gas russo: sostengono che si tratta del combustibile più economico per loro e accusano i Paesi Ue vicini di imporre delle alte tariffe di transito per le forniture alternative. Dopo la guerra in Ucraina, l’Europa ha cercato di riequilibrare rapidamente le sue forniture, e oggi i flussi ancora attivi da Mosca sono minimi. Tuttavia, torna prepotentemente di attualità il tema della sicurezza energetica in Europa: il vecchio continente può davvero fare a meno del combustibile russo? Le forniture di gas russo all’Europa tramite l’Ucraina ancora attive sono ridotte.

Mosca lo scorso anno ha spedito circa 15 miliardi di metri cubi attraverso la rotta, pari all’8% dei flussi del picco di gas russo verso l’Europa del 2018-2019. Il gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod dell’era sovietica trasporta il gas dalla Siberia attraverso la città di Sudzha, ora sotto il controllo dell’Ucraina, nella regione russa di Kursk; da qui il combustibile scorre in Ucraina e arrivare alla Slovacchia; qui il gasdotto si divide in due diramazioni, che trasportano il gas in Repubblica Ceca e in Austria.

La maggior parte delle altre rotte verso l’Europa sono chiuse, tra cui il gasdotto Yamal-Europe, attraverso la Bielorussia e il gasdotto Nord Stream, sotto il Mar Baltico. L’unica altra rotta operativa del gas russo verso l’Europa è il Blue Stream e il TurkStream verso la Turchia, sotto il Mar Nero. Ankara invia alcuni volumi di gas russo verso i Paesi europei, tra cui l’Ungheria.

Le possibili conseguenze

Attualmente, i Paesi Ue che dipendono dal gasdotto ucraino ricevono il combustibile al minor prezzo possibile, senza dipendere da intermediari che lo rivendono a costi più alti. Eliminare completamente questo condotto significherebbe dover stipulare nuovi contratti e progettare nuove rotte, sia per il GNL che per i gasdotti provenienti da altri Paesi, il che comporterebbe costi rilevanti. Dal momento, però, che Kiev ha rifiutato di negoziare un rinnovo dell’accordo di transito con Mosca, sono in corso dei colloqui con l’Azerbaigian per rilevare i contratti. Tuttavia, restano dei dubbi sul fatto che il Paese caucasico possa produrre una quantità di combustibile sufficiente a sostituire tutte le ex esportazioni russe. Con la fine dell’accordo di transito del gas russo in Ucraina e quindi nei Paesi dell’Europa orientale, il vecchio continente rischia quindi di dover affrontare una nuova crisi.

La scorsa settimana l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha avvertito che la potenziale scomparsa del gasdotto ucraino questo inverno rappresenta “una chiave di incertezza” per l’Europa. “Se nel 2023 il gas russo transitato attraverso l’Ucraina ha soddisfatto solo una piccola quota della domanda totale dell’Unione europea – ha spiegato l’AIE –, l’interruzione di questi flussi avrebbe un impatto significativo su alcuni mercati dell’Europa centrale e orientale e sulla Moldavia”. Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, il sistema di fornitura energetica per l’Europa si è modificato: i Paesi costieri hanno iniziato ad importare GNL, soprattutto dagli Stati Uniti. Nel 2023 il gas russo tramite gasdotto rappresentava solo l’8% delle importazioni di Energia dell’Unione europea, in calo rispetto a oltre il 40% nel 2021.

Il boom del GNL è esploso a partire dal 2022. Anche i Paesi più coinvolti nello stop al combustibile russo tramite l’Ucraina hanno cercato delle soluzioni alternative: Slovacchia e Austria hanno trovato altre fonti tramite accordi con Paesi vicini, come la Turchia, mentre l’Ungheria potrebbe temporeggiare e continuare a ricevere gas russo tramite la Serbia.

In conclusione, l’incertezza sulla sicurezza energetica europea non è del tutto scomparsa, così come aleggia nuovamente il rischio di improvvisi aumenti dei prezzi. L’insieme degli elementi da considerare per l’approvvigionamento energetico europeo è complesso, e mette in evidenza quanto il vecchio continente, sul gas, non sia ancora del tutto indipendente da altri Paesi.

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