Harris o Trump: una scelta climatica cruciale per gli Stati Uniti

Secondo un’analisi del media specializzato Carbon Brief, un ritorno alla presidenza di Trump comporterebbe l’emissione di ulteriori 4 miliardi di tonnellate di CO₂
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Il confronto tra Kamala Harris e Donald Trump alle imminenti elezioni presidenziali americane rappresenta una scelta determinante per il futuro della politica climatica globale. Entrambi i candidati propongono visioni opposte sul cambiamento climatico, delineando una divisione netta tra chi spinge per la transizione energetica e chi adotta un approccio scettico. Tuttavia, nessuno dei due ha messo al centro della campagna un programma completo sul clima, un fatto rilevante per il secondo maggior produttore mondiale di gas serra, gli Stati Uniti, appena dietro alla Cina.

Per Trump, il cambiamento climatico è una “bufala”, e ha promesso di “trivellare come un matto” se verrà eletto. Una sua vittoria potrebbe significare un aumento delle emissioni di gas serra e un ritiro degli Stati Uniti dalla diplomazia climatica globale, con ripercussioni importanti sull’obiettivo di riduzione dei combustibili fossili. Inoltre, la sua elezione indebolirebbe immediatamente la posizione dei negoziatori statunitensi alla COP29, prevista a Baku sei giorni dopo le elezioni, compromettendo la discussione sugli aiuti finanziari ai paesi vulnerabili, tema centrale della conferenza.

Durante il suo precedente mandato, Trump ritirò gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, un atto che promette di ripetere se rieletto, annullando così la decisione di rientro presa da Joe Biden. Tale accordo impegna gli Stati Uniti a ridurre le emissioni di gas serra del 50% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, un traguardo di cui nel 2023 è stato raggiunto solo il 18%, secondo i dati del Rhodium Group. “Bisogna davvero mantenere la rotta”, afferma Leah Stokes, politologa esperta in clima, mentre sotto Trump “ci sarebbe un’inversione di rotta totale“. “Le elezioni americane avranno ripercussioni per l’intero pianeta”, conclude.

Dal canto suo, Kamala Harris, che ha partecipato alla COP28 dove gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo centrale, si è dichiarata impegnata a “continuare e sviluppare la leadership internazionale degli Stati Uniti sul clima“, come si legge nel suo sito di campagna. La vicepresidente ha sostenuto il “Green New Deal“, una proposta di drastica riduzione delle emissioni di gas serra, etichettata da Trump come “New Green Scam“. In passato, Harris si è dichiarata favorevole al divieto di fratturazione idraulica, un metodo di estrazione inquinante, ma ha poi ridimensionato la sua posizione, soprattutto per non perdere consensi in Pennsylvania, uno Stato cruciale in cui questo settore è rilevante.

Sebbene il clima sia un argomento poco trattato nella sua campagna, Harris ha difeso “fonti energetiche diversificate” durante un dibattito con Trump, sottolineando l’aumento della produzione nazionale di petrolio come un punto di forza. Harris gode del sostegno delle associazioni ambientaliste, che ricordano il suo passato come procuratrice generale della California, quando avviò processi contro le compagnie petrolifere, oltre al suo voto decisivo per l’approvazione dell’Inflation Reduction Act (IRA), un imponente programma di investimenti per la transizione energetica. Trump ha promesso di “annullare tutti i fondi non spesi”, ma la cancellazione di una legge di questo tipo richiederebbe complesse procedure, e persino alcuni esponenti repubblicani si sono opposti a questa idea, sostenendo l’utilità dei crediti d’imposta previsti.

Tra le altre misure promesse da Trump figurano l’annullamento della moratoria di Biden sui nuovi terminali di esportazione di gas naturale liquefatto (GNL) e l’abrogazione di ogni “obbligo di acquisto di veicoli elettrici”, in riferimento agli standard sulle emissioni dei veicoli dell’Environmental Protection Agency (EPA), che mirano a incentivare la transizione verso l’elettrico. Tuttavia, “qualsiasi tentativo di abrogare queste norme darà luogo a numerosi ricorsi”, afferma Fatima Ahmad, della società di consulenza climatica Boundary Stone. Inoltre, i governi locali e il settore privato, ha aggiunto, “continueranno a portare avanti i propri impegni sul clima”, come “durante la prima amministrazione Trump”.

Secondo un’analisi del media specializzato Carbon Brief, un ritorno alla presidenza di Trump comporterebbe l’emissione di ulteriori 4 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente entro il 2030 rispetto a una presidenza democratica – una quantità pari alle emissioni annuali combinate di Europa e Giappone.

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