Il Triangolo delle Bermuda è celebre per le misteriose sparizioni di navi e aerei che, sin dal 1840, hanno suscitato numerosi interrogativi e teorie, spesso prive di solide basi scientifiche. Tra ipotesi fantasiose come UFO, basi sommerse, creature abissali e varchi temporali, la realtà sembra più sfuggente, ma senza dubbio meno affascinante. Se molte di queste teorie possono essere facilmente confutate, alcuni eventi rimangono ancora avvolti nel mistero, supportati da documentazioni ufficiali, come nel caso della Marina degli Stati Uniti. Un esempio emblematico è quello del Volo 19, una squadriglia di cinque aerei Grumman TBF Avenger, scomparsa il 5 dicembre 1945 durante un volo di addestramento.
Questi aerei, con a bordo un totale di 14 aviatori, decollarono da Fort Lauderdale, in Florida, ma, dopo circa due ore di volo, persero il contatto radio. I piloti, in evidente difficoltà, riferirono di avere problemi agli strumenti di bordo e di non essere in grado di orientarsi, nonostante avessero ancora circa 75 minuti di carburante disponibile. La posizione stimata dell’ultima comunicazione era a circa 363 chilometri a nord-est dalla base di partenza. In seguito alla loro scomparsa, venne inviato un idrovolante Mariner per le ricerche, ma anch’esso scomparve misteriosamente. Testimoni riferirono di aver osservato un’esplosione nel cielo, ma non vennero mai ritrovati né l’idrovolante né i resti della squadriglia.
Le sparizioni di navi e aerei nel Triangolo delle Bermuda, tutte ben documentate dalle autorità civili e militari, rimangono in gran parte senza una spiegazione definitiva. L’espressione “cause of the loss cannot be determined” (le cause della perdita non possono essere determinate) è spesso il risultato finale delle indagini condotte. Oltre mille persone sono scomparse in questa regione, e, sebbene si possa attribuire tale numero all’intenso traffico aereo e marittimo della zona, rimane sorprendente il fatto che nessun corpo né relitto siano mai stati recuperati, nonostante le vaste operazioni di ricerca.
Parte della difficoltà di ritrovare resti è legata alla geografia dell’area, che comprende profonde fosse oceaniche, come la Fossa di Porto Rico, che raggiunge una profondità di 8229 metri. Tuttavia, prima di abbracciare teorie fantascientifiche, è possibile attribuire molte delle anomalie riscontrate (scarsa visibilità improvvisa, blackout degli strumenti, onde anomale) a fenomeni naturali di breve durata. Questo potrebbe spiegare perché, durante le operazioni di ricerca, non si siano mai verificati incidenti tra le numerose navi e aerei impiegati. Il fascino del paranormale, però, è difficile da contrastare, e le ipotesi più intriganti continuano ad alimentare la curiosità popolare.