I grandi incendi nell’emisfero australe e il traffico di navi turistiche vicino all’Antartide contribuiscono in modo significativo ai depositi di carbonio nero refrattario (fuliggine) e quindi all’inquinamento, nella penisola antartica settentrionale, come evidenziato da uno studio condotto dall’Università dello Stato di Rio de Janeiro e pubblicato su Science Advances.
L’inquinamento in Antartide
La ricerca sottolinea che “comprendere questi impatti è fondamentale per le decisioni politiche volte a mitigare le conseguenze ambientali negative delle attività umane sulla penisola antartica“, un passaggio cruciale secondo gli autori. Anche se le concentrazioni di carbonio nero in Antartide risultano inferiori rispetto ad altri continenti, nelle aree turistiche più frequentate, come la penisola antartica settentrionale, si registrano livelli significativamente più alti. La fuliggine si accumula in modo particolare durante i periodi di incendi che divampano nell’emisfero australe.
Precedenti studi hanno già tracciato le fluttuazioni del carbonio nero causate dalla combustione di combustibili fossili da parte delle grandi navi turistiche e dai roghi estremi nell’emisfero australe. Tuttavia, l’analisi più recente ha valutato congiuntamente queste due fonti di inquinamento, esaminando i livelli di carbonio nero in un carotaggio di ghiaccio lungo 20 metri, prelevato dal Detroit Plateau (DP) nella parte settentrionale della penisola antartica.
Gli scienziati hanno inoltre utilizzato dati satellitari per misurare il carbonio nero refrattario atmosferico dal 2003 al 2008, monitorando al contempo la deposizione del carbonio nero derivante dagli incendi nell’emisfero australe. I risultati mostrano modelli stagionali distinti, legati sia alle attività turistiche che agli incendi. “Ad esempio, gli aumenti dei depositi di carbonio nero erano fortemente correlati agli incendi di inizio primavera (a partire da settembre) nell’Africa meridionale e nel Sud America meridionale“, spiegano gli studiosi.
Anche il traffico delle grandi navi, particolarmente intenso a fine primavera (inizio ottobre), ha dimostrato di essere una causa importante dell’accumulo di fuliggine. Gli autori hanno identificato nel nucleo di ghiaccio tracce di composti organici volatili, come butano, acetone e benzene, associati all’uso di combustibili fossili. “Questi risultati supportano ulteriormente l’idea che le attività legate al turismo nelle vicinanze del sito DP abbiano contribuito alla presenza di inquinanti antropici nell’atmosfera locale/regionale e nei depositi di neve“, concludono i ricercatori.
Lo studio richiama l’attenzione sulla necessità di regolamentare meglio sia il turismo che l’uso di navi in queste aree sensibili, per ridurre l’impatto ambientale e proteggere uno degli ultimi ecosistemi incontaminati del pianeta.