Ipofosfatasia e ipofosfatemia, fino a 10 anni per una diagnosi corretta

Sono due patologie caratterizzate da bassi livelli di fosforo e dalla perdita di funzione di uno specifico enzima
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In Italia si registrano ancora poche diagnosi precoci di malattie rare dello scheletro. In particolare, per l’ipofosfatasia e l’ipofosfatemia possono trascorrere in media fino a 10 anni prima che siano correttamente individuate. Il paziente, soprattutto quello adulto, continua a peregrinare da un ambulatorio all’altro per curare le sempre più dolorose fratture ossee. Il sistema diagnostico attivo nel nostro Paese deve essere implementato partendo da una maggiore formazione del personale medico. Inoltre, va facilitato l’accesso agli esami di diagnosi genetica o biochimica rapida, che non si possono ottenere in tutti i laboratori. L’appello congiunto di clinici e pazienti arriva in occasione della Giornata Internazionale Malattie Rare delle Ossa che si celebra oggi con un convegno nazionale al Senato. È organizzata per la prima volta insieme dalla Fondazione FIRMO (Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso) con la presenza di AIFOSF (Associazione Italiana dei Pazienti con Disordini Rari del Metabolismo Fosfato), e dall’API (Associazione Pazienti Ipofosfatasia).

L’ipofosfatemia è una condizione caratterizzata da bassi livelli di fosforo nel sangue ed è un disturbo raro che può essere causato da varie patologie – sottolinea la prof.ssa Maria Luisa Brandi, Presidente FIRMO – L’ipofosfatasia è invece una malattia metabolica originata dalla perdita di funzione dell’enzima fosfatasi alcalina. La diagnosi risulta molto più facile nel bambino in età neonatale, quando le malattie si manifestano con segni molto evidenti e difficili da non riscontrare. Si registrano casi di fratture ossee già addirittura nell’utero materno durante la gestazione. Il problema emerge quando finisce l’età pediatrica e la malattia non è ancora stata scoperta. Ciò avviene soprattutto nel caso in cui le mutazioni genetiche sono meno rilevanti e di conseguenza vi sono minori manifestazioni della patologia. Fortunatamente, per entrambe le malattie, sono state messe a punto nel corso degli anni delle terapie molto efficaci”.

Esiste oggi per i malati di Ipofosfatemia, un trattamento che si rivela molto efficace se preso fin dalla prima infanzia e proseguito per tutta l’arco della vita – sostiene Nicoletta Schio, Presidente AIFOSF – Consiste nella somministrazione di un anticorpo monoclonale che ha dimostrato migliorare la qualità della vita dei pazienti. Purtroppo l’accesso al farmaco rimane molto complesso e non è garantito per le differenti fasi di vita di un paziente. I pazienti infatti sono spesso costretti a sospendere la terapia perché non vi è più il riconoscimento della rimborsabilità da parte del servizio sanitario nazionale. Auspichiamo che sia quanto prima reso disponibile per tutti i malati del nostro Paese, a prescindere dalla loro età”.

Il trattamento dell’ipofosfatasia risulta complicato dai molti ritardi diagnostici accumulati nell’individuazione della patologia – sostiene Luisa Nico (Presidente API) – Tutto ciò aumenta la sofferenza degli ammalati e spesso anche l’angoscia dei loro familiari. Contro le difficoltà di cura e di assistenza dei pazienti è necessario che le strutture sanitarie di riferimento facciano rete e mettano in condivisione le proprie conoscenze”.

In Italia esistono delle eccellenze nella gestione delle malattie rare dell’osso – prosegue la Prof.ssa BrandiSiamo stati il primo Paese al mondo ad offrire un servizio gratuito per la diagnosi di ipofosfatasia. L’accertamento preciso di queste patologie può essere molto difficile, anche perché non tutti i medici hanno le competenze per riconoscerle. Sono poi pochi i centri che hanno un accesso sicuro e garantito ad esami diagnostici non facili da eseguire. Sono infatti svolti in laboratori altamente specializzati che non effettuano solo semplici esami di routine”.

Le malattie rare colpiscono oltre due milioni di persone in Italia e sono complessivamente 7.000. “Di queste più di 500 interessano lo scheletro e le ossa – sottolinea Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO-Federazione Italiana Malattie Rare – Rappresentano una sfida importante per l’intero sistema sanitario. Come per altre e più diffuse patologie, tra cui l’osteoporosi, nella maggioranza dei casi provocano fratture che necessitano di un intervento chirurgico. Inoltre, rendono davvero difficile la vita quotidiana di uomini e donne, spesso giovani o giovanissimi. Siamo convinti che le terapie vadano rese disponibili a tutti e la ricerca medico-scientifica debba essere incentivata il più possibile. Vi è poi anche un problema di formazione del personale medico-sanitario e una maggiore preparazione può solo che migliorare i livelli d’assistenza. In questo senso un ruolo importante può essere svolto dagli infermieri, che devono avere maggiori competenze anche cliniche sulle patologie dell’osso”.

Accogliamo i solleciti che sono arrivati oggi dai rappresentati dei clinici e dei pazienti – conclude l’Onorevole Ylenia Zambito, dell’Intergruppo Parlamentare per le Fratture da Fragilità – Il nostro Intergruppo nasce proprio con l’obiettivo di rafforzare l’impegno da parte delle Istituzioni verso delle patologie importanti come le fratture da fragilità. Nel caso specifico delle malattie rare dell’osso le difficoltà sono ancora maggiori per pazienti, caregiver e anche per gli specialisti. Ben vengano quindi iniziative, come quella odierna, che hanno il merito di accendere i riflettori su problemi sociosanitari che necessitano maggiore attenzione”. L’evento è realizzato con il supporto non condizionante di Alexion, Astra Zeneca Rare Disease e Kyowa Kirin.

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