La fisica quantistica è magia: ecco perché Einstein aveva torto

"Il trucco di magia stupisce e destabilizza, proprio come la meccanica quantistica"
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La fisica quantistica, pietra angolare della fisica moderna, rappresenta un autentico rompicapo che sfida i fondamenti stessi della realtà. Al centro di questa disciplina si collocano fenomeni come il dualismo onda-particella, l’effetto fotoelettrico, e soprattutto l’entanglement quantistico, teorizzato come una connessione non locale tra particelle che sfida ogni concetto tradizionale di causalità e spazio-tempo.

Alain Aspect, rinomato fisico francese insignito del Premio Nobel per la Fisica nel 2022, è una delle figure principali in questo campo. Aspect ha dedicato la sua carriera a dimostrare l’esistenza dell’entanglement quantistico, una proprietà delle particelle che ha svelato, in tutta la sua complessità, la natura profondamente interconnessa dell’universo quantistico. Nonostante l’entanglement possa sembrare a prima vista un fenomeno “magico“, esso si colloca all’interno di una precisa struttura teorica fondata sui principi della meccanica quantistica, una disciplina che – proprio come la magia – suscita stupore e meraviglia. Il lavoro di Aspect non solo ha dimostrato la fattibilità dell’entanglement, ma ha anche messo in risalto il contributo di Albert Einstein, la cui visione anticipatoria ha gettato le basi per le moderne interpretazioni della fisica quantistica.

La nascita della fisica quantistica: il dualismo onda-particella

Per comprendere l’entanglement quantistico è essenziale risalire alle origini della fisica quantistica. La teoria ebbe una delle sue prime conferme empiriche nel 1905, anno in cui Albert Einstein pubblicò uno studio innovativo sul cosiddetto effetto fotoelettrico, che gli valse il Premio Nobel per la Fisica nel 1921. Einstein dimostrò che la luce, comunemente considerata come un’onda, possiede anche una natura corpuscolare: essa è composta da particelle discrete di energia, chiamate fotoni, la cui emissione è regolata da una proporzione diretta tra la frequenza della radiazione e l’energia delle particelle emesse. Questo concetto, noto come “dualismo onda-particella“, rivoluzionò il pensiero scientifico, suggerendo che le proprietà della materia e della radiazione si sovrappongono in una dimensione quantistica che trascende le intuizioni classiche.

La scoperta di Einstein aprì una nuova strada per la fisica. Fino a quel momento, si riteneva che le onde e le particelle fossero entità distinte e reciprocamente esclusive. Tuttavia, il dualismo onda-particella mostrò che la natura non si conforma alle nostre categorie. Questa comprensione rivoluzionaria delle particelle subatomiche avrebbe costituito il primo passo nella costruzione di una teoria quantistica coerente, aprendo le porte a nuove esplorazioni sulle proprietà della materia.

Louis de Broglie e l’ipotesi ondulatoria della materia

La svolta successiva si deve a Louis de Broglie, fisico francese che nel 1924 ipotizzò che non solo la luce, ma tutte le particelle di materia, possiedano una natura ondulatoria. La cosiddetta “ipotesi di de Broglie” ampliava il concetto di dualismo introdotto da Einstein, suggerendo che anche gli elettroni e altre particelle subatomiche si comportano come onde stazionarie. Ciò implicava che gli elettroni, orbitando attorno ai nuclei atomici, occupano soltanto determinati livelli di energia, con onde stazionarie che evitano un continuo decadimento energetico, spiegando così la stabilità della materia.

Questa nuova teoria stabilì un pilastro fondamentale per la fisica quantistica. Con il supporto della teoria ondulatoria, fu possibile spiegare fenomeni come la stabilità atomica e la struttura elettronica degli elementi. Lo stesso de Broglie osservò che il comportamento delle particelle quantistiche poteva essere descritto matematicamente come onde, una scoperta che avrebbe dato origine all’equazione di Schrödinger, con la quale si può prevedere la distribuzione probabilistica degli elettroni attorno al nucleo di un atomo. Questa comprensione della materia contribuì a quella che viene comunemente definita “prima rivoluzione quantistica“.

Il paradosso EPR: Einstein e la critica alla fisica quantistica

Nonostante i contributi fondamentali alla teoria quantistica, Einstein rimase un critico della sua interpretazione probabilistica. Egli riteneva che la fisica quantistica fosse incompleta, poiché non riusciva a descrivere una realtà oggettiva e indipendente dall’osservatore. Per evidenziare i limiti di questa teoria, Einstein, insieme a Boris Podolsky e Nathan Rosen, pubblicò nel 1935 un articolo noto come “Paradosso EPR“. Questo paradosso suggeriva che la meccanica quantistica consente la creazione di coppie di particelleentangled” (intrecciate), le cui proprietà sono correlate in modo tale che la misurazione su una particella influenza istantaneamente lo stato dell’altra, anche se separata da una distanza infinita.

Questo fenomeno, definito come “azione a distanza spettrale” da Einstein, violava il principio di località, secondo cui una particella può essere influenzata solo dall’ambiente circostante, e non da un’altra particella distante. Einstein sosteneva che per ottenere una correlazione così forte a grandi distanze, le particelle dovevano possedere “variabili nascoste” non descritte dalla teoria quantistica. Pertanto, riteneva che la fisica quantistica non potesse essere la descrizione definitiva della realtà.

Il teorema di Bell: dimostrare l’entanglement quantistico

Il paradosso EPR rimase a lungo un concetto teorico, fino a quando John Bell, fisico irlandese, non sviluppò un teorema che consentì di mettere alla prova sperimentalmente l’esistenza dell’entanglement. Bell dimostrò che, se le particelle entangled possedessero davvero variabili nascoste che la teoria quantistica non può spiegare, le correlazioni tra le particelle non dovrebbero superare un certo limite, definito come “disuguaglianza di Bell“. Tuttavia, se le correlazioni tra le particelle entangled superano questo limite, allora l’entanglement è reale e le particelle sono collegate a un livello fondamentale.

Alain Aspect, profondamente influenzato dal lavoro di Bell, decise di dedicare la sua ricerca a verificare sperimentalmente l’entanglement quantistico. Pur consapevole dei rischi associati a una teoria così controversa, Aspect sviluppò una serie di esperimenti che confermarono l’esistenza dell’entanglement, violando le disuguaglianze di Bell. Grazie all’utilizzo di fotoni e polarizzatori in un sistema chiuso, Aspect riuscì a isolare i fotoni in modo da garantire che non vi fosse alcuna comunicazione tra le particelle coinvolte nell’entanglement, confermando così la validità delle previsioni quantistiche.

I risultati dell’esperimento di Aspect, che dimostrarono che l’entanglement è un fenomeno reale e non semplicemente teorico, furono accolti come una delle prove empiriche più straordinarie nella storia della fisica. Queste scoperte hanno aperto la strada allo sviluppo di tecnologie quantistiche come la crittografia quantistica e i computer quantistici, capaci di sfruttare la straordinaria correlazione delle particelle entangled per eseguire calcoli complessi a velocità senza precedenti.

Il calcolo quantistico e la crittografia: applicazioni dell’entanglement

L’entanglement quantistico non è solo un fenomeno scientifico di interesse teorico, ma ha anche applicazioni pratiche di grande impatto. Una delle sue applicazioni principali è il calcolo quantistico, un campo che si basa sui qubit – i bit quantistici – in cui ciascun qubit può esistere in uno stato di sovrapposizione, rappresentando contemporaneamente “0” e “1“. Tale proprietà consente di eseguire operazioni in parallelo, rendendo possibile il calcolo simultaneo di una quantità elevata di dati.

Un computer quantistico ben sviluppato, in grado di manipolare qubit entangled, potrebbe risolvere problemi che richiederebbero migliaia di anni a un computer classico. L’entanglement è inoltre alla base della crittografia quantistica, un metodo di sicurezza dei dati che consente di inviare informazioni in modo istantaneo e sicuro. Nella crittografia quantistica, le informazioni vengono codificate su particelle entangled, e qualsiasi tentativo di intercettazione modifica istantaneamente lo stato delle particelle, rendendo evidente la violazione.

Il mistero del limite quantistico

La questione centrale per molti scienziati, tra cui Aspect, riguarda i limiti dell’entanglement. Fino a quanti qubit è possibile intrecciare prima che il sistema perda la sua natura quantistica e si comporti come un oggetto classico? Se esiste un limite intrinseco, esso fornirebbe una definizione precisa del confine tra il mondo quantistico e quello classico. Al contrario, se tale limite non esiste, le possibilità per il calcolo quantistico diventano virtualmente illimitate, aprendo scenari inimmaginabili per l’elaborazione delle informazioni.

La scoperta di un limite sarebbe una rivelazione straordinaria“, afferma Aspect, “poiché segnerebbe il confine tra le due dimensioni“. Tuttavia, l’assenza di un limite permetterebbe la costruzione di computer quantistici su larga scala, portando a una vera rivoluzione nella capacità di calcolo.

La magia della fisica

Il fascino di Aspect per la fisica quantistica trova un curioso parallelo nella sua passione per la magia. Quando andò in pensione, decise di dedicarsi ai giochi di prestigio, ispirato dal mago e amico Thierry Giamarchi. “Il trucco di magia stupisce e destabilizza, proprio come la meccanica quantistica“, afferma Aspect. Egli applica concetti quantistici ai suoi trucchi, presentandoli come “teletrasporto quantistico” o “effetto tunnel“, generando nello spettatore un senso di meraviglia simile a quello provato dai fisici che affrontano i misteri della quantistica.

Le scoperte di Aspect hanno ridefinito i confini della realtà quantistica, confermando l’esistenza dell’entanglement e aprendo la strada a tecnologie senza precedenti. Tuttavia, molte domande restano ancora aperte. L’esistenza o meno di un limite all’entanglement e la possibilità di costruire computer quantistici su scala massiccia sono sfide che la scienza quantistica deve ancora affrontare. In questo senso, il lavoro di Aspect rappresenta non solo un traguardo, ma l’inizio di una nuova era per la fisica e per la comprensione del nostro universo.

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