Un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui un team dell’Università degli Studi di Cagliari, ha sviluppato una piattaforma capace di utilizzare la luce per eseguire calcoli a una velocità di commutazione cento volte superiore rispetto ai metodi tradizionali, con un consumo energetico dieci volte inferiore. Lo studio, condotto in collaborazione con la University of California Santa Barbara, l’Università di Pittsburgh e il Tokyo Institute of Technology, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Photonics.
I ricercatori hanno utilizzato minuscoli magneti per immagazzinare dati e controllare la propagazione della luce nei materiali, aprendo così la strada a una nuova era di calcolo super-veloce. Il team è stato coordinato da Paolo Pintus dell’Università di Cagliari, Nathan Youngblood dell’Università di Pittsburgh, e Yuya Shoji del Tokyo Institute of Technology.
“Sebbene siamo abituati ad assistere a miglioramenti costanti nelle prestazioni di computer e smartphone, l’elettronica sta lentamente ma inesorabilmente raggiungendo i suoi limiti fisici“, ha spiegato all’ANSA Pintus. “Nonostante i nuovi processori contengano un numero sempre maggiore di transistor, la capacità di calcolo sta gradualmente saturando proprio ora che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico richiede risorse di calcolo sempre maggiori. Diventa quindi essenziale trovare nuove soluzioni tecnologiche capaci di soddisfare le crescenti esigenze dell’informatica“.
Secondo gli esperti, l’elaborazione delle informazioni tramite l’uso della luce offre vantaggi notevoli rispetto all’elettronica digitale tradizionale, sia in termini di velocità che di efficienza energetica. “Uno degli approcci più promettenti per sfruttare questo potenziale è il cosiddetto in-memory computing, che richiede l’uso di memorie fotoniche“, ha osservato Pintus. “Facendo passare segnali luminosi attraverso queste memorie è possibile eseguire operazioni quasi istantaneamente“.
Tuttavia, fino a oggi, le soluzioni proposte per la realizzazione di tali memorie hanno mostrato alcuni limiti, come gli elevati consumi energetici e la bassa velocità di commutazione, oltre a una limitata capacità di riprogrammare i dispositivi. Il lavoro pubblicato su Nature Photonics rappresenta un passo significativo verso il superamento di queste barriere, aprendo nuove prospettive per il futuro dell’informatica e per le applicazioni nell’intelligenza artificiale.