L’autismo cresce: triplicati i casi in 11 anni e +6 volte tra i giovani adulti

L’incremento più significativo è stato registrato tra gli adulti di età compresa tra 26 e 34 anni, con un aumento del 450%
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I casi di autismo hanno mostrato un incremento quasi triplo in un arco di tempo di 11 anni, dal 2011 al 2022, con un aumento di quasi sei volte (+450%) delle nuove diagnosi tra gli adulti di età compresa tra 26 e 34 anni. Questi dati sono stati resi pubblici nella rivista Jama Network Open e derivano da uno studio condotto presso il Kaiser Permanente Northern California, situato a Pleasanton. È interessante notare che l’aumento delle diagnosi è stato particolarmente significativo tra le femmine.

Perché i casi di autismo crescono?

La ricerca ha analizzato i tassi di diagnosi annuali registrati nei sistemi sanitari statunitensi dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2022, estraendo dati da 12 siti coinvolti nel Mental Health Research Network, un consorzio di centri di ricerca integrati. Le diagnosi di disturbo dello spettro autistico (Asd) sono state identificate attraverso i codici della Classificazione Internazionale delle Malattie.

Nel 2022, i database dei sistemi sanitari analizzati contenevano 12.264.003 membri, tra cui 2.359.359 bambini di età compresa tra 0 e 17 anni e 6.400.222 femmine. Durante il periodo di studio, il tasso di diagnosi di autismo era più elevato tra i bambini di 5-8 anni, mostrando un aumento del 175%, ovvero quasi triplicato, passando da 2,3 casi per 1000 nel 2011 a 6,3 per 1000 nel 2022.

L’incremento più significativo è stato registrato tra gli adulti di età compresa tra 26 e 34 anni, con un aumento del 450%. Inoltre, l’analisi ha rivelato che gli aumenti erano più marcati per le femmine rispetto ai maschi, sia tra i bambini (+305%, con casi più che quadruplicati) sia tra gli adulti (+315%).

Gli autori dello studio ipotizzano che questi aumenti siano dovuti a diversi fattori. In primo luogo, si fa riferimento a una maggiore consapevolezza riguardo alla malattia. Inoltre, modifiche nei criteri diagnostici potrebbero aver esteso le diagnosi a un campione più ampio di disturbi. Infine, si suggerisce anche che vi sia stato un effetto boomerang causato dalla pandemia, durante la quale gli accessi ai servizi sanitari e, di conseguenza, le diagnosi erano notevolmente ridotti.

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