Lunedì al via la COP16 a Cali: focus su obiettivi mancati, biodiversità e risorse finanziarie

Uno dei punti centrali della COP16 sarà l'esame delle strategie nazionali per la biodiversità (NBSAP), che ogni Paese dovrebbe sviluppare per contribuire allo sforzo globale
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Lunedì prossimo, a Cali, in Colombia, si aprirà la 16ª Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP16). L’incontro arriva in un momento cruciale per la comunità internazionale, che nel 2022 ha adottato una tabella di marcia ambiziosa, con l’obiettivo di fermare la distruzione di terre, oceani e specie viventi entro il 2030. Tuttavia, l’attuazione dell’accordo di Kunming-Montreal procede a rilento e rischia di non raggiungere gli obiettivi prefissati. Con la biodiversità globale sotto pressione, la COP16 rappresenta un’opportunità fondamentale per garantire che i Paesi rispettino i 23 obiettivi fissati nel Quadro globale per la biodiversità.

Obiettivi mancati e sfide in arrivo

Nel 2020, il mondo si era impegnato a raggiungere importanti traguardi come la creazione di aree protette, il ripristino di terreni degradati, la riduzione dell’uso dei pesticidi e l’aumento dei finanziamenti per la natura. Ma la realtà ha dimostrato che quasi nessuno di questi obiettivi è stato realizzato. Alla COP15 del 2022, i Paesi hanno quindi deciso di adottare un meccanismo di monitoraggio, con indicatori comuni per misurare i progressi e una procedura di revisione. Tuttavia, i dettagli di questo meccanismo, cruciale per la responsabilizzazione delle nazioni, non sono stati ancora finalizzati. Sarà compito della COP16 e della presidenza colombiana trovare un accordo su queste regole, garantendo anche che la relazione ufficiale sui progressi compiuti sia pronta per la COP17 del 2026.

Parallelamente, si terranno negoziati di tipo finanziario, cruciali per sostenere la lotta per la salvaguardia della biodiversità.

Le strategie nazionali per la biodiversità

Uno dei punti centrali della COP16 sarà l’esame delle strategie nazionali per la biodiversità (NBSAP), che ogni Paese dovrebbe sviluppare per contribuire allo sforzo globale. Al 16 ottobre, solo 29 Paesi su 196 avevano rispettato l’impegno di presentare la propria strategia. Inoltre, 91 Paesi hanno pubblicato “obiettivi nazionali” che coprono tutti o alcuni degli obiettivi fissati dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (CBD).

Tra le strategie più attese vi sono quelle di Colombia e Brasile, Paesi con un’enorme ricchezza di biodiversità. La COP16 vedrà la partecipazione di circa 18.000 persone, tra diplomatici, esperti, attivisti, imprese e rappresentanti politici, compresi una dozzina di capi di Stato e oltre un centinaio di ministri. Durante l’evento, saranno esaminate e criticate le strategie presentate, con particolare attenzione all’obiettivo di sottoporre almeno il 30% delle terre e dei mari del mondo a protezione legale entro il 2030. Attualmente, secondo i dati preliminari delle Nazioni Unite citati dal WWF, solo l’8,35% dei mari e il 17,5% delle terre sono considerati protetti.

La questione dei finanziamenti

Un altro tema centrale, come nelle COP sul clima, sarà il finanziamento per la biodiversità. I Paesi sviluppati si sono impegnati a fornire 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e 30 miliardi entro il 2030. Tuttavia, secondo l’OCSE, nel 2022 sono stati raggiunti solo 15,4 miliardi. I Paesi in via di sviluppo chiedono anche la creazione di un fondo autonomo dedicato all’attuazione del Quadro globale per la natura, anziché la semplice sottosezione del Global Environment Facility (GEF) ottenuta alla COP15. Al momento, questo fondo ha raccolto circa 400 milioni di dollari di promesse, ma non è sufficiente. “Non possiamo dire che ogni volta che teniamo una conferenza ONU creiamo un nuovo fondo,” ha dichiarato un diplomatico europeo, manifestando l’opposizione dei Paesi ricchi a una proliferazione di fondi multilaterali.

Nel tentativo di mobilitare ulteriori risorse, uno degli argomenti in discussione sarà lo sviluppo di crediti per la biodiversità, un meccanismo volto a coinvolgere anche il settore privato nel finanziamento delle attività di tutela.

La biopirateria: una questione irrisolta

Uno dei temi più delicati e controversi in discussione alla COP16 sarà la cosiddetta “biopirateria“, ovvero lo sfruttamento economico delle risorse naturali senza un’adeguata condivisione dei benefici con le comunità che le hanno preservate. Il Protocollo di Nagoya del 2014 ha stabilito che chiunque utilizzi una pianta o un animale per scopi commerciali, come nel settore farmaceutico o cosmetico, deve pagare per tale utilizzo. Tuttavia, oggi queste risorse sono diventate miliardi di sequenze genetiche digitalizzate (DSI – Digital Sequence Information), utilizzate quasi esclusivamente dalle economie più ricche. Trovare un meccanismo di condivisione equo dei benefici derivanti dall’uso delle DSI è una priorità per molti Paesi in via di sviluppo, e a Cali potrebbe essere raggiunto un accordo per la creazione di “un meccanismo globale per la condivisione” dei benefici.

La COP16 si preannuncia quindi come un appuntamento cruciale, in cui il mondo dovrà affrontare sfide complesse e trovare soluzioni concrete per proteggere la biodiversità e garantire un futuro sostenibile per tutti.

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