Una nuova terapia mirata cambia la pratica clinica nella cura dei pazienti colpiti da mieloma multiplo alla prima ricaduta. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di selinexor, inibitore orale selettivo della proteina XPO1, in associazione a bortezomib e desametasone per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo sottoposti ad almeno una terapia precedente. Come evidenziato nello studio BOSTON, la nuova “tripletta” di farmaci ha dimostrato, nei pazienti alla prima recidiva, una sopravvivenza libera da progressione mediana di 21 mesi rispetto a 10,7 mesi con la “doppietta” costituita da bortezomib più desametasone. La riduzione del rischio di progressione o morte è stata del 38%.
L’innovazione rappresentata dalla medicina personalizzata permette di disporre di una terapia mirata, tagraxofusp, anche nella neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN), un tumore del sangue raro e aggressivo con prognosi severa. Tagraxofusp è la prima e unica terapia mirata specifica per questa patologia, indicata per il trattamento di prima linea.
Le nuove prospettive nella cura delle due neoplasie ematologiche sono approfondite oggi in una conferenza stampa a Milano, promossa da Menarini Stemline Italia.
Ogni anno, nel nostro Paese, sono stimati circa 5.800 nuovi casi di mieloma multiplo. “È un tumore del sangue che ha origine nel midollo osseo. È una malattia tipica dell’anziano, l’età media alla diagnosi, infatti, è pari a circa 70 anni – spiega Michele Cavo, Direttore dell’Istituto di Ematologia ‘L. A. Seràgnoli’, IRCCS S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna e Professore Ordinario di Ematologia presso la stessa Università -. Nonostante l’introduzione, negli ultimi 20 anni, di nuove classi di farmaci che hanno significativamente migliorato la durata della sopravvivenza, la maggior parte dei pazienti presenta durante la storia della malattia una o più recidive, con necessità di potere disporre di terapie innovative”.
In particolare, lo standard di cura in prima linea per i pazienti non eleggibili al trapianto è costituito dalla combinazione di daratumumab, lenalidomide e desametasone. L’introduzione di questa “tripletta” nella prima linea di trattamento ha migliorato significativamente i risultati, ma vi sono ancora bisogni clinici insoddisfatti per le persone alla prima recidiva. Si stima che, nel 2024 in Italia, 310 pazienti recidiveranno da questo regime ed aumenteranno negli anni successivi, fino a 807 nel 2028, con un tasso di crescita annuale costante del 27%.
“Lo studio BOSTON – continua il Prof. Cavo – è un trial multicentrico internazionale di fase 3, che ha arruolato 402 pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario. Selinexor è il capostipite di una nuova classe di farmaci, gli inibitori della proteina di esportazione nucleare 1, XPO1. Ha un meccanismo d’azione unico, che induce l’apoptosi, cioè la morte programmata, nelle cellule mielomatose. In una sottoanalisi dello studio BOSTON, pubblicata in letteratura, selinexor in associazione a bortezomib e desametasone si è dimostrato più efficace rispetto a bortezomib più desametasone, migliorando di oltre 10 mesi la sopravvivenza libera da progressione mediana e i tassi di risposta nei pazienti alla prima recidiva. Da evidenziare anche i vantaggi in termini di qualità di vita dei pazienti, grazie alla somministrazione monosettimanale di bortezomib, con una riduzione degli accessi in ospedale per ricevere la terapia”.
“I benefici della nuova combinazione sono ulteriormente amplificati se si considerano i pazienti recidivati o refrattari non trattati in precedenza con inibitori del proteasoma, in cui è stata evidenziata una sopravvivenza libera da progressione mediana di 29,5 mesi rispetto a 9,7, con un miglioramento di circa 20 mesi – afferma il Prof. Cavo -. Questi dati sono molto importanti nel contesto della seconda linea di terapia, perché attualmente la popolazione in prima linea non candidata per un trapianto autologo è rappresentata prevalentemente da pazienti non trattati con un inibitore del proteasoma. Un’ulteriore analisi di sottogruppo dello studio BOSTON ha riguardato pazienti refrattari a lenalidomide, una popolazione difficile da trattare e in continuo aumento nella pratica clinica. I risultati hanno evidenziato un miglioramento significativo di circa 8 mesi della sopravvivenza globale mediana e di 3 mesi della sopravvivenza libera da progressione mediana, con un rischio di progressione o di morte quasi dimezzato. Per questi pazienti ed, in particolare, per i doppio-refrattari a lenalidomide e daratumumab, le opzioni di trattamento sono limitate ed è fondamentale avere nuove alternative efficaci e maneggevoli, che rispondano ai bisogni di una popolazione anziana e difficile da trattare”.
AIFA ha inoltre approvato la rimborsabilità di selinexor, in associazione a desametasone, per il trattamento del mieloma multiplo in pazienti sottoposti ad almeno quattro terapie precedenti e la cui malattia è refrattaria ad almeno due inibitori del proteasoma, a due agenti immunomodulatori e a un anticorpo monoclonale anti-CD38, che abbiano dimostrato progressione di malattia durante l’ultima terapia. “Ad oggi – evidenzia il Prof. Cavo – questa associazione rappresenta l’unica opzione disponibile nella quinta linea di terapia, cioè in una popolazione pesantemente pretrattata e fragile. Nello studio STORM, selinexor in associazione a desametasone ha evidenziato un tasso di risposte obiettive pari al 26% ed una percentuale di risposte di qualità del 7%. La sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 3,7 mesi, con una sopravvivenza globale di 8,6 mesi”.
La medicina personalizzata fa segnare progressi anche in una patologia molto rara e aggressiva come la neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN), per cui per la prima volta è disponibile una terapia specifica, tagraxofusp. “La BPDCN è un tumore del sangue con una prognosi severa, caratterizzato dalla iperespressione dell’antigene CD123 – sottolinea Adriano Venditti, Direttore dell’Ematologia all’Università di Roma Tor Vergata -. La malattia, in circa il 90% dei casi, si presenta all’esordio con lesioni cutanee, di colore scuro, multiple e infiltranti. È una patologia ancora poco conosciuta, da qui il frequente ritardo diagnostico, che può arrivare fino a 6 mesi. Tempi di latenza che, in una patologia così aggressiva, si traducono in un peggioramento dei sintomi. Nel suo decorso, la malattia può interessare il midollo osseo, il sistema nervoso centrale, il fegato, la milza e i linfonodi, diventando così una patologia sistemica. Solo un team multidisciplinare, in cui vi siano necessariamente l’onco-ematologo, il dermatologo, l’anatomopatologo e il radiologo, può garantire la corretta e tempestiva diagnosi e gestione della patologia”.
Storicamente, la sopravvivenza media è di 8-14 mesi. “La malattia ha un’incidenza molto bassa, sono circa 40 i nuovi casi all’anno in Italia – continua il Prof. Venditti -. Finora non esisteva una terapia specifica e i risultati ottenuti con i regimi chemioterapici utilizzati per i linfomi o le leucemie erano scoraggianti. Tagraxofusp è una terapia mirata, capostipite di una nuova classe di farmaci, che agisce in maniera selettiva contro la proteina CD123, altamente espressa sulle cellule della BPDCN e in altre malattie di derivazione mieloide. Nello studio registrativo, il farmaco ha ottenuto una risposta complessiva del 75%, con un tasso di risposte complete del 57%. Circa la metà dei pazienti con risposta completa è stata sottoposta con successo al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che resta l’unica strategia curativa”.
“In sperimentazioni ‘real life’, che rispecchiano la pratica clinica quotidiana, il farmaco ha evidenziato un’efficacia addirittura superiore a quella riportata nello studio registrativo – spiega il Prof. Venditti -. Conferme arrivano in particolare dal programma ‘Expanded Access Program’ (EAP), condotto a livello europeo e che ha avuto nell’Italia uno dei principali arruolatori. Si è osservato un tasso di risposta complessiva dell’89%, con un tasso di risposte complete pari al 67%. Metà dei pazienti in risposta completa è riuscita ad andare al trapianto. Coniugare la specificità del trattamento a un’ottima tollerabilità in una patologia così rara e aggressiva è un risultato molto importante dell’innovazione. Tagraxofusp rappresenta lo standard di trattamento per i pazienti di nuova diagnosi, sia come strategia ‘ponte’ verso il trapianto nei pazienti eleggibili sia come terapia di mantenimento nei pazienti non trapiantabili per età e comorbilità”.
A marzo 2023, AIFA ha approvato la rimborsabilità di tagraxofusp come monoterapia per il trattamento di prima linea di pazienti colpiti da BPDCN. L’Italia è stato il secondo Paese in Europa a rendere disponibile il farmaco, dopo la Germania.
“Le Associazioni sono impegnate nel migliorare il percorso verso una diagnosi tempestiva della BPDCN, anche attraverso momenti di incontro tra ematologi, dermatologi e medici di famiglia per aumentare la consapevolezza sulla malattia – afferma Felice Bombaci, Coordinatore Nazionale Gruppi Pazienti AIL (Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma) -. Inoltre, è importante indirizzare i pazienti colpiti da una patologia molto rara come la BPDCN ai centri di riferimento. Oggi, grazie alla nuova terapia mirata, un maggior numero di persone può essere candidato al trapianto. L’innovazione sta cambiando profondamente anche la cura del mieloma multiplo. L’impatto emotivo della diagnosi di una malattia ematologica è devastante non solo per i pazienti ma per tutta la famiglia. La reazione più comune è un senso di profonda angoscia e preoccupazione, che si attenuano all’ottenimento della remissione completa. Resta, però, l’incertezza che la malattia si ripresenti. Da qui l’importanza di nuove opzioni efficaci per i pazienti subito dopo la prima ricaduta”.
“Siamo orgogliosi di portare una nuova opzione terapeutica ai pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario – conclude Nicola Bencini, General Manager di Menarini Stemline Italia -. L’approvazione della rimborsabilità di selinexor nel mieloma multiplo, a partire dalla seconda linea, è un risultato decisivo per la comunità scientifica e per i pazienti. Lavoriamo ogni giorno per rendere disponibili trattamenti sempre più mirati, efficaci e con il miglior profilo di tollerabilità possibile. Il nostro impegno è sviluppare terapie innovative in campo oncologico ed ematologico, in grado di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti, anche in malattie molto rare come la BPDCN”.