Il ‘misuratore’ dell’ictus: la percezione degli italiani sui rischi

I rischi e la percezione dell'ictus: le linee guida sono state presentate in conferenza stampa in occasione della Giornata Mondiale
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In Italia l’ictus colpisce ogni anno 120mila persone, ma meno del 30% degli italiani è in grado di riconoscerne i segni per intervenire rapidamente. Per contribuire alla sensibilizzazione riguardo la prevenzione e al miglioramento di presa in carico e cura dei pazienti, sulle orme del precursore europeo, ISA-AII (Italian Stroke Association – Associazione Italiana Ictus) ha redatto lo Stroke Action Plan for Italy (SAP-I). Lo scopo è il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione, consapevolezza, ottimizzazione della fase pre-ospedaliera e intra-ospedaliera, riabilitazione e monitoraggio entro il 2030.

Nelle prossime settimane la società scientifica consegnerà il documento alle istituzioni e ne chiederà la firma al Ministro della Salute. Le diverse problematiche relative alla gestione dell’ictus nel nostro paese e le azioni necessarie sono state presentate in conferenza stampa in occasione del World Stroke Day 2024.

Lo studio

“Il numero di persone colpite ogni anno da ictus è molto alto, sia a livello italiano che europeo – spiega Mauro Silvestrini, Presidente ISA-AII –. Le stime dicono che nel prossimo futuro sarà possibile un aumento di incidenza della patologia del 26%, con un rilevante incremento dei costi sanitari legati alla gestione della malattia, che in Europa sono già altissimi, intorno ai 60 miliardi di euro.

È quindi fondamentale intervenire sull’ottimizzazione dei servizi di presa in carico e trattamento dei pazienti, che oggi vedono grandi discrepanze tra Nord, Centro e Sud Italia. Infatti, solo il 24% delle Unità Ictus (Stroke Unit) si trova nel Sud del Paese, con 51 strutture, mentre il Centro ne ospita il 26% (per 56 reparti). Al Nord, invece, si concentra il 50%, con 106 unità. Ai pazienti devono essere garantite una presa in carico rapida e una riabilitazione completa su tutto il territorio italiano. Per questo è necessario un impegno soprattutto a livello istituzionale”. 

“Come ISA-AII, in questi mesi stiamo lavorando allo Stroke Action Plan (SAP-I), una versione nazionale del precursore europeo, lo Stroke Action Plan for Europe (SAP-E) – sottolinea Paola Santalucia, Presidente Eletta ISA-AII –. Un primo documento è già stato condiviso con tutta la società scientifica e verrà presto presentato alle istituzioni italiane perché possa ricevere il patrocinio del Ministero della Salute. Una volta ufficializzato, rappresenterà le linee guida di riferimento della Società e indirizzerà le azioni dei professionisti sanitari che si occupano di ictus. Il nostro interesse è in primis verso una maggiore informazione al cittadino riguardo i rischi della malattia, con controlli capillari ai pazienti ipertesi; una sensibilizzazione all’importanza del rapido riconoscimento dei segni e il coinvolgimento di scuole e Regioni; l’incremento delle centrali operative, la riduzione dei tempi di trattamento, oggi ancora eccessivamente dilatati, la revisione di percorsi e modalità di intervento.

Altri obiettivi riguardano il recupero post ictus, che prevede che pazienti e parenti ricevano informazioni approfondite riguardo le possibilità riabilitative, la definizione di protocolli regionali e il trattamento di almeno il 40% dei pazienti. Infine, un monitoraggio di qualità in ospedali e strutture, anche fino a 3 mesi post evento. Intanto chiediamo che il Ministero della Salute italiano firmi, come gesto simbolico di impegno istituzionale, la Dichiarazione di azione dello SAP-E, un primo passo per garantire che entro il 2030 tutti i 53 Paesi europei possano condividere piani nazionali condivisi sul trattamento dell’ictus”. 

I rischi e la percezione degli italiani

“Nonostante non sia possibile evitare al 100% il verificarsi di un ictus, è però possibile diminuirne le probabilità con la prevenzione primaria, prestando cioè attenzione agli stili di vita – aggiunge Danilo Toni, Past President ISA-AII –. Fumo, consumo di alcool, obesità, sedentarietà, ipertensione e diabete sono fattori di rischio riconosciuti di questa patologia, su cui spesso è possibile intervenire con piccoli accorgimenti quotidiani. Come società scientifica stiamo lavorando con un vero e proprio ‘misuratore’ dell’ictus, lo Stroke Barometer, in uno studio osservazionale che ci ha permesso di quantificare la percezione dell’impatto della malattia sulla popolazione italiana.

Dalla ricerca è emerso che meno del 10% degli italiani pensa di poter subire un ictus nel corso della sua vita, nonostante colpisca 120mila persone all’anno e sia una delle tre cause di morte più diffuse, insieme al cancro e alle malattie cardiovascolari. Inoltre, meno del 30% degli italiani sarebbe in grado di riconoscerne segni e sintomi per poter intervenire in tempi rapidi. Una situazione che è importante indagare per studiare interventi mirati a sensibilizzare all’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce”. 

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