Pangea Ultima: un Supercontinente e un clima letale

Lo studio identifica tre cause principali di questo riscaldamento estremo: in primo luogo, l’effetto continentale generato da Pangea Ultima, che ridurrebbe l’umidità interna e aumenterebbe le temperature
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Un recente studio pubblicato su Nature Geoscience, condotto dall’Università di Bristol, prevede un futuro scenario di estrema gravità per i mammiferi, compresi gli esseri umani. La ricerca suggerisce che, tra circa 250 milioni di anni, un riscaldamento senza precedenti potrebbe causare una nuova estinzione di massa, alimentato dalla fusione dei continenti in un’unica enorme massa terrestre, chiamata “Pangea Ultima”.

Secondo i modelli climatici, quando i continenti si uniranno in un unico supercontinente, le condizioni ambientali diventeranno estremamente calde e aride, generando un clima che sarebbe difficilmente sostenibile per la vita. Il supercontinente in formazione determinerebbe un forte effetto di “continentalità,” che impedirebbe all’umidità degli oceani di raggiungere le aree interne, creando un ambiente torrido e asciutto.

Lo studio identifica tre cause principali di questo riscaldamento estremo: in primo luogo, l’effetto continentale generato da Pangea Ultima, che ridurrebbe l’umidità interna e aumenterebbe le temperature; in secondo luogo, l’attività solare, poiché il Sole emetterà maggiori quantità di energia rispetto a oggi, incrementando il calore globale; infine, una crescita della concentrazione di anidride carbonica, dovuta a frequenti eruzioni vulcaniche che si verificherebbero in questa configurazione tettonica, aggraverebbe ulteriormente il surriscaldamento globale.

Le temperature previste sono estreme: il termometro potrebbe oscillare tra i 40 e i 50 gradi Celsius, con picchi giornalieri ancora più elevati. Questa condizione climatica renderebbe il supercontinente ostile e privo delle risorse necessarie, come acqua e vegetazione, per sostenere la vita dei mammiferi. Gli esseri umani, come molte altre specie, troverebbero impossibile disperdere il calore corporeo attraverso la sudorazione, rendendo la sopravvivenza fisicamente insostenibile.

Si stima che solo tra l’8% e il 16% della superficie terrestre rimarrebbe vivibile per i mammiferi in questo scenario, circoscrivendo gravemente le aree di sopravvivenza. Gli autori dello studio ribadiscono che, sebbene questo quadro si profili a milioni di anni nel futuro, è essenziale affrontare con serietà la crisi climatica attuale, le cui cause sono già riconducibili alle emissioni di gas serra.

Lo studio offre infine uno spunto interessante per l’astrobiologia: la disposizione delle masse continentali potrebbe essere un elemento cruciale per valutare l’abitabilità dei pianeti al di fuori del nostro sistema solare. Questo suggerisce che le condizioni geologiche e la configurazione tettonica potrebbero influenzare fortemente le possibilità di vita su pianeti lontani.

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