Perché nessuno ha mai trovato resti umani all’interno del Titanic?

A queste profondità, l’ossigeno diventa scarso, e la presenza di solfati e altre sostanze chimiche induce processi di dissoluzione che si accaniscono sui resti ossei in modo pressoché inesorabile
MeteoWeb

Sono trascorsi più di centoundici anni da quella notte gelida e senza luna del 14 aprile 1912, quando il Titanic, orgoglio della White Star Line e all’epoca il transatlantico più grande e lussuoso mai costruito, affondò nelle gelide acque dell’Atlantico settentrionale. Con il Titanic scomparvero nelle profondità oceaniche anche oltre 1.500 vite, una tragedia epocale e uno degli eventi più drammatici del XX secolo. Da allora, il Titanic è rimasto avvolto in un’aura di fascino e mistero che continua a stimolare l’immaginazione popolare e la ricerca scientifica. Tuttavia, una delle questioni più enigmatiche riguardo al relitto è l’assenza di resti umani visibili tra i suoi frammenti e nelle vicinanze. Come mai, nonostante le numerose esplorazioni, non sono mai state trovate ossa o altri resti umani?

James Cameron, celebre regista e profondo conoscitore del Titanic, ha visitato il relitto 33 volte e ha dichiarato nel 2012 al New York Times: “Non ho visto resti umani […] Abbiamo visto vestiti. Abbiamo visto paia di scarpe, il che suggerirebbe fortemente che a un certo punto c’era un corpo lì. Ma non abbiamo mai visto resti umani”. Questa affermazione non è stata smentita da nessuna delle spedizioni successive, lasciando spazio a ipotesi che, da un lato, alimentano teorie cospirazioniste e, dall’altro, sollevano questioni scientifiche complesse sulle peculiarità dell’ambiente oceanico profondo.

Le dinamiche oceaniche: correnti, onde e dispersione iniziale dei corpi

Poco dopo l’affondamento del Titanic, i corpi delle vittime iniziarono a emergere in superficie, mantenuti a galla dai giubbotti di salvataggio, indossati nella speranza di un salvataggio che non arrivò mai. Tuttavia, gli studi sulle correnti oceaniche dell’Atlantico settentrionale suggeriscono che questi corpi, esposti all’influenza di una tempesta violenta sopraggiunta nelle ore successive alla tragedia, vennero rapidamente dispersi dal luogo del naufragio, rendendo improbabile che potessero restare nelle immediate vicinanze del relitto.

Le correnti oceaniche, con la loro forza imprevedibile e la capacità di trascinare corpi per migliaia di chilometri, hanno ulteriormente contribuito a questa dispersione. Nel secolo successivo, i corpi delle vittime sono stati spinti verso nord, lontano dalla carcassa sommersa del Titanic, e infine dissolti nel vasto ambiente oceanico. Questa dispersione rappresenta una delle spiegazioni più accreditate per la mancanza di resti all’esterno del relitto stesso. Tuttavia, ciò non spiega l’assenza di ossa all’interno del relitto, solitamente meno soggette alla decomposizione rispetto ai tessuti molli.

L’ambiente degli abissi: decomposizione e la fauna detritivora degli oceani profondi

L’ecosistema degli abissi marini è popolato da un’ampia varietà di creature detritivore – comunemente chiamate “spazzini” – che vivono a grandi profondità e che si nutrono di resti organici. Tra questi vi sono pesci bentonici, crostacei, vermi e altri organismi adattati a vivere a pressioni e temperature estreme, come quelle che si trovano nelle profondità dell’Atlantico. Qualunque corpo intrappolato nelle parti accessibili del Titanic sarebbe stato soggetto a una decomposizione rapida, accelerata dall’azione di questi microrganismi e animali.

A differenza dei resti corporei di origine vegetale, come il legno, le ossa sono composte principalmente di fosfato e carbonato di calcio, componenti meno resistenti a un ambiente marino saturo di sali e povero di ossigeno. Tuttavia, nonostante la presenza di detritivori e agenti decompositori, la conservazione di ossa in relitti anche più antichi del Titanic ha sollevato perplessità tra gli esperti. Ad esempio, resti ossei di marinai sono stati rinvenuti in navi romane o medievali affondate in ambienti marini meno profondi. Cosa distingue, dunque, il Titanic da questi altri relitti? La risposta sembra risiedere nelle peculiarità dell’ambiente oceanico in cui si trova.

La profondità di compensazione del carbonato di calcio: la CCD e la dissoluzione ossea

Un concetto cruciale per spiegare l’assenza di ossa nel Titanic è la cosiddetta “profondità di compensazione del carbonato di calcio” (CCD, dall’inglese Carbonate Compensation Depth), una condizione ambientale che si verifica al di sotto di una certa profondità marina – circa 3.000 piedi o 914 metri – e in cui l’acqua diventa corrosiva per i materiali a base di calcio, come le ossa umane.

Come spiegato dall’esploratore Robert Ballard, il primo a scoprire il relitto del Titanic nel 1985, l’acqua delle profondità abissali è “sottosatura di carbonato di calcio, che è per lo più, sai, ciò di cui sono fatte le ossa”. A queste profondità, l’ossigeno diventa scarso, e la presenza di solfati e altre sostanze chimiche induce processi di dissoluzione che si accaniscono sui resti ossei in modo pressoché inesorabile. Una volta che i tessuti molli vengono consumati dai detritivori, le ossa restano esposte e, nel giro di alcuni anni, iniziano a dissolversi in maniera costante fino a scomparire.

Questo processo, noto come dissoluzione ossea per compensazione del carbonato di calcio, è stato documentato in altre spedizioni di archeologia marina. Si tratta di un fenomeno invisibile e lento, ma che nell’arco di decenni porta alla totale scomparsa delle ossa, lasciando poche o nessuna traccia degli individui che perirono in mare. Essendo il Titanic posato a circa 3.800 metri di profondità, ben al di sotto della CCD, le sue condizioni ambientali lo rendono ostile alla conservazione di materiali ossei.

Un’ultima speranza nelle camere sigillate del Titanic

Alcuni studiosi, tuttavia, non escludono del tutto la possibilità che vi siano resti umani nelle zone meno accessibili della nave, come la sala macchine o alcuni compartimenti sigillati. La presenza di paratie intatte avrebbe potuto creare microambienti isolati, in cui l’azione corrosiva dell’acqua di mare potrebbe essere stata rallentata. Questi compartimenti avrebbero potuto in teoria preservare meglio i resti, poiché l’assenza di correnti e la scarsa presenza di detritivori anaerobi limiterebbero il processo di decomposizione.

Tuttavia, oltre un secolo di immersione in condizioni estreme ha indebolito la struttura stessa della nave, e molte delle camere sigillate si sono aperte, esponendo il loro contenuto alle stesse dinamiche oceaniche che agiscono sull’intero relitto. Anche nelle zone protette, la decomposizione anaerobica, un processo messo in atto da batteri che vivono in assenza di ossigeno, avrebbe ridotto i resti a uno stadio avanzato di mineralizzazione. Questi batteri si nutrono degli elementi chimici presenti nelle ossa e nei tessuti, contribuendo ulteriormente alla scomparsa dei resti umani all’interno del Titanic.

Tra mistero e scienza: la lezione del Titanic sugli abissi oceanici

Il Titanic, nel suo stato di relitto sommerso e silenzioso, rappresenta molto più di una semplice nave affondata; esso è una testimonianza delle leggi imperscrutabili che governano gli abissi oceanici. Le sue esplorazioni hanno contribuito a far progredire la scienza dei fondali, portando nuove conoscenze sulle dinamiche di conservazione dei materiali e sulle sfide della sopravvivenza biologica a grandi profondità.

Questo relitto, avvolto dai misteri delle sue profondità, ci insegna che le leggi della natura sono inesorabili, e che non sempre è possibile ritrovare tracce materiali di chi ci ha preceduto. Nonostante l’assenza di resti visibili, il Titanic continua a raccontare la storia delle vite che vi sono perite e della tragedia che ha scosso il mondo, preservando la memoria della sua epopea attraverso la sua stessa struttura, ormai fragile e compromessa.

L’assenza di resti umani visibili non è un semplice vuoto fisico, ma uno spazio di riflessione sulla complessità dell’oceano, la fragilità umana e l’ineluttabilità del tempo. Al di là della fascinazione che il Titanic suscita in tutti noi, rimane un simbolo della precarietà della condizione umana di fronte alla potenza della natura, che conserva i suoi segreti nelle profondità di un mare che, a distanza di oltre un secolo, continua a sorvegliare la tomba sommersa del Titanic.

Condividi