L’autunno è spesso salutato come il momento in cui finalmente si mettono alle spalle i mesi di siccità estiva, grazie alle piogge che rigenerano il territorio. Quest’anno non è stato diverso: molti media e alcuni meteorologi hanno dichiarato che la stagione autunnale abbia portato le tanto attese piogge benefiche, ponendo fine a gran parte della crisi idrica. Tuttavia, la realtà è molto più complessa e riguarda una profonda disomogeneità territoriale nella distribuzione delle piogge. Se infatti le precipitazioni hanno interessato il nord e il centro Italia, specialmente lungo il versante tirrenico, le stesse non sono riuscite a raggiungere con altrettanta efficacia le aree del medio Adriatico e del sud Italia.
Regioni come l’Abruzzo, la Puglia, la Calabria e la Sicilia sono rimaste in gran parte ai margini di queste piogge, continuando a subire una pesante scarsità idrica. In queste aree, si assiste a un passaggio costante dalla siccità estrema causata dall’anticiclone nordafricano a una forma di siccità mascherata, dove le poche precipitazioni non sono sufficienti a colmare il deficit accumulato.
È dunque necessario un cambio di prospettiva che coinvolga sia i media sia i decisori politici. La soluzione non è solamente auspicare che piova di più, ma sviluppare infrastrutture adeguate per raccogliere e conservare l’acqua nelle regioni più vulnerabili, promuovere un uso sostenibile delle risorse idriche e pianificare strategie di adattamento ai cambiamenti climatici. Senza un impegno in tal senso, l’illusione che “la pioggia abbia risolto tutto” continuerà a lasciare molte aree del paese in condizioni sempre più precarie.