Archeologia: nel Polesine il più grande emporio europeo della tarda Età del Bronzo

Portato alla luce, presso il sito di Frattesina nel Polesine, un centro produttivo e di scambio internazionale che alla fine del II millennio a.C. collegava l’Europa, l’Egeo e il Mediterraneo orientale
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Gli scavi coordinati dal Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza a Frattesina, a sud-est dell’attuale centro di Fratta Polesine (Rovigo) hanno mostrato evidenze di attività produttive, suggerendo come questo sito fosse di primaria importanza per le produzioni artigianali e per traffici commerciali che mettevano in relazione l’Europa, l’Egeo e il Mediterraneo orientale alla fine del II millennio a.C. 

I lavori, condotti sotto la direzione scientifica di Andrea Cardarelli e in collaborazione con Paolo Bellintani del Centro Polesano di Studi storici archeologici ed etnografici (CPSSAE), stanno indagando un settore del villaggio dove sono state individuate due grandi abitazioni di forma rettangolare e molte evidenze di attività produttive e di scambio.

Tra le principali attività artigianali di Frattesina c’era la lavorazione del bronzo – le cui materie prime, rame e stagno, provenivano rispettivamente dal Trentino orientale e dalla Cornovaglia o dalla Germania orientale – e dell’ambra, di origine baltica, che veniva utilizzata per la realizzazione di perle e ornamenti e poi esportata verso l’Italia centro-meridionale e l’Egeo. Invece dal Mediterraneo orientale arrivavano prodotti esotici come le uova di struzzo per fare ornamenti e l’avorio di elefante utilizzato per la produzione di pettini.

Inoltre sono state portate alla luce migliaia di perline in vetro multicolorate insieme ad altri oggetti in vetro che testimoniano una straordinaria attività produttiva destinata anche al mercato nazionale e internazionale. Le analisi composizionali hanno documentato che la tecnica di produzione era diversa da quella adottata nel Mediterraneo orientale, dimostrando quindi la capacità degli artigiani di Frattesina di rielaborare in modo originale tecnologie complesse. Lo scavo ha peraltro evidenziato una fornace che molto probabilmente serviva per la realizzazione di produzioni vetrarie e che dunque insieme ad altri reperti (crogioli, lingotti di vetro) testimoniano la grande rilevanza di questa produzione artigianale. La fornace per la produzione vetraria è ad oggi la più antica conosciuta in Europa.

Oltre agli scavi, le indagini geofisiche (una tecnica che permette di ricavare informazioni sull’ambiente e su oggetti posti a distanza attraverso un sensore) condotte da Wieke de Neef dell’Università di Bamberg e quelle in remote sensing hanno ben definito quale era l’estensione, la forma e l’organizzazione interna del grande villaggio: l’abitato di Frattesina era esteso per oltre 25 ettari e occupava la riva destra di un ramo del Po oggi non più esistente (Po di Adria) con un’organizzazione per isolati delimitati originariamente da canali ortogonali. All’interno di questi isolati erano disposte in modo molto regolare e con un orientamento altrettanto regolare centinaia di abitazioni e di strutture produttive.

Lo scavo, che ha ricevuto il fondamentale sostegno economico della Fondazione Cariparo, si inserisce nel progetto Prima Europa. La Protostoria del Polesine coordinato dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Verona, Rovigo e Vicenza e che vede coinvolta oltre al Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza, anche il Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Padova. Al progetto collaborano anche Il Museo nazionale archeologico di Fratta Polesine, l’Università di Bamberg (Germania) e il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova.

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