Ha più piani regolabili, che possono essere adattati alle piante a mano a mano che crescono: è questa la particolarità della serra progettata per lo spazio da Franco Malerba, il primo astronauta italiano, ed esposta al congresso europeo di astronautica Iac24 in corso a Milano. “Da qualche anno tutte le agenzia spaziali occidentali, dalla Nasa, all’Agenzia Spaziale Europea e quella canadese Csa, hanno preso l’impegno collettivo per tornare alla Luna per restare ossia stabilire un habitat permanente in cui astronauti possano lavorare per lunghi periodi”, ha detto Malerba all’ANSA. “E’ un habitat nuovo e complesso” nel quale la disponibilità di una serra “diventa indispensabile per la sopravvivenza a grande distanza dalla Terra o nelle lunghe permanenze in orbita”, ha detto ancora Malerba, che alla serra lavora con la sua startup Space V.
“La nostra proposta è piaciuta all’Asi stiamo lavorando per passare dal prototipo terrestre a una versione spaziale più leggera”, ha aggiunto. La firma del contratto è attesa prima di Natale, dopodiché dovrebbe partire lo studio di fattibilità e si spera di entrare nella fase di sviluppo per la fine del 2025.
Potranno anche esserci ricadute importanti per l’agricoltura sulla Terra: esposte a un ambiente estremo come lo spazio, e ai raggi cosmici, “le piante potrebbero avere un’evoluzione diversa e fornire elementi interessanti in in termini di consumo di acqua, oppure per fare in modo che siano più robuste, o ancora sarebbe possibile varia l’espressione dei loro geni per utilizzarle a farmaceutico”. Le serre spaziali si usano da tempo e sono passati anni da quando la serra della Stazione Spaziale Internazionale ha fornito il primo raccolto di insalata fresca e croccante, ma adesso è ora di fare un passo in avanti: “la nostra serra verticale permette di adattare i suoi piani ad altezze diverse in modo da assecondare la crescita delle piante. Questo – osserva – permette di utilizzare tutto il volume disponibile senza sprechi di spazio”.