Nella notte tra il 6 e il 7 novembre del 1928, la cittadina di Mascali, situata sul versante orientale dell’Etna, fu letteralmente cancellata dalla lava. Questo evento eruttivo rappresenta uno dei più drammatici nella storia recente del vulcano, l’unico dal XVIII secolo ad oggi ad aver distrutto un intero centro abitato.
Mascali, città di antiche origini, era già stata devastata nel 1693 da un terribile terremoto. Nel 1928 contava circa 3mila abitanti, per lo più impegnati in attività agricole e nella lavorazione di agrumi. Tuttavia, la sua posizione sulla collina, a 120 metri di altitudine, non la salvò dal potente avanzamento della colata lavica. L’eruzione iniziò il 2 novembre, con l’apertura di un sistema di fessure lungo 7,7 chilometri. Le successive colate distrussero boschi e interruppero la ferrovia Circumetnea, fino a raggiungere Mascali il 6 novembre, decretandone la fine.
Alle 10:30 di quella mattina, la lava era ormai a 200 metri dalle prime case della città, che fu subito evacuata. Tra il 6 e il 7 novembre, Mascali fu inghiottita e sommersa, mentre le colate avanzavano inesorabilmente, raggiungendo una lunghezza complessiva di 9,4 chilometri. In totale, l’eruzione durò 17 giorni, con circa 50 milioni di metri cubi di lava su un’area di 4,38 chilometri quadrati, causando danni stimati in 160 milioni di lire dell’epoca.
L’evento venne monitorato da scienziati di rilievo, come Gaetano Ponte e Alessandro Malladra, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, e rappresentò una delle prime eruzioni a essere studiata anche tramite sorvoli aerei.
Dopo la distruzione, il regime fascista decise di ricostruire Mascali più a valle, lungo la strada statale Messina-Catania, creando un nuovo centro con una struttura urbanistica ispirata al “castrum” romano. La ricostruzione della “nuova” Mascali, conclusa nel 1937, rifletteva i gusti architettonici dell’epoca, mescolando elementi razionalisti e neoclassici.