Nel Sahel regna la disperazione dopo una serie di inondazioni che hanno colpito almeno cinque Paesi, Mali, Niger, Nigeria, Ciad e Camerun, già segnati da conflitti e disastri naturali. Sette milioni sono in totale gli abitanti dell’Africa occidentale e centrale vittime di quanto sta accadendo mentre le Nazioni Unite avvertono che la situazione rischia di peggiorare. La FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, lancia l’allarme sull’insicurezza alimentare nella regione. Sono migliaia gli ettari di terreno sott’acqua e non c’è la speranza di un raccolto anticipato, mentre sono andati persi anche diversi capi di bestiame.
Una lunga siccità aveva devastato l’area, senza dimenticare la precaria situazione della sicurezza nella zona che ha provocato spostamenti su larga scala di persone, che hanno così abbandonato i loro raccolti. La popolazione ora si trova di fronte al rischio di dover affrontare una gravissima crisi alimentare, aggravata anche dall’insicurezza politica, spiega Mohamed Sankoumba Fadiga, dell’ufficio FAO dell’Africa occidentale, “fattore principale di questa crisi alimentare nella subregione oltre naturalmente agli shock economici esterni, che sono ovviamente una conseguenza degli effetti combinati e residui di tutto ciò che abbiamo vissuto con il Covid, la guerra russo-ucraina e così via”.
Quanto accade costituisce una situazione senza precedenti, spiega ancora l’esperto, frutto “della manifestazione degli effetti del cambiamento climatico, che è la causa principale“. Ciò che è accaduto è stata una combinazione di forti piogge nella subregione tra settembre e ottobre e il problema delle abitazioni inadeguate che ha portato a questo disastro. “A questo – continua – si aggiunge, ovviamente, il problema dell’uso inappropriato del territorio. Questo è esattamente ciò che accade quando le case vengono costruite in aree talvolta altamente vulnerabili e prive di infrastrutture e strutture adeguate. È una serie di fattori combinati che causa le inondazioni”.
Più colpito il Ciad
Attualmente sono circa 16 i Paesi dell’Africa occidentale e centrale colpiti dalle inondazioni, con ingenti danni alle infrastrutture, con strade, ponti e dighe danneggiati, che interrompono le comunicazioni e le catene di approvvigionamento. “In alcuni casi – spiega Sankoumba Fadiga – interi villaggi sono stati sfollati. Oggi si contano almeno 7,1 milioni di vittime, il maggior numero delle quali in Ciad, con 1,9 milioni di persone colpite. Seguono il Niger, con 1,3 milioni, e la Nigeria, con 1,2 milioni. Altri casi non meno significativi si registrano in Guinea, dove sono state colpite 176mila persone, e in Senegal, dove recentemente sono state colpite 103mila persone. Inoltre, queste inondazioni si sono verificate nel pieno della stagione agricola della subregione. Circa 3,8 milioni di ettari di terreno sono stati inondati”.
Il problema dell’insicurezza alimentare
E tutto questo avviene in una subregione in cui “la sicurezza alimentare è già altamente instabile“. Sono 52 milioni le persone minacciate dalla fame. In Nigeria, ad esempio, sono stati devastati migliaia di ettari di terreno coltivabile, con l’equivalente di 850mila tonnellate di cibo perse.
Gli interventi
La FAO, in questa situazione, “ha creato un sistema per monitorare l’impatto delle alluvioni sull’agricoltura“, importante per contribuire alla prevenzione, e poi ha mobilitato fondi da distribuire ai Paesi più danneggiati. “70 milioni di dollari saranno utilizzati per fornire assistenza agricola alle popolazioni più colpite dalle inondazioni. Ciò consentirà loro di salvare la vita e i mezzi di sussistenza, oltre a proteggere e ripristinare i mezzi di produzione danneggiati”.
Fondamentale, per Sankoumba Fadiga, è “ripensare al rafforzamento della resilienza delle comunità esposte alle inondazioni, migliorando i meccanismi di gestione del rischio di catastrofi. In particolare, ciò significa tenere conto dei cambiamenti climatici e sviluppare la capacità di adattarsi a questo ciclo. Solo così si potrà evitare il ripetersi di questo circolo vizioso”.