Il grido d’allarme dei produttori di canapa italiani: tutti i prodotti a rischio

L'allarme lanciato dai produttori di canapa italiani, riuniti a Roma con Coldiretti, Filiera Italia e ICI
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“No alla legge contro la canapa! Non cancellate il nostro futuro”. E’ il grido d’allarme lanciato dai produttori di canapa italiani, riuniti a Roma con Coldiretti, Filiera Italia e ICI – Imprenditori Canapa Italia, che questa mattina hanno incontrato Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura del Senato, alla presenza del presidente di Coldiretti Ettore Prandini e del segretario generale Vincenzo Gesmundo. Con una vasta esposizione dei propri prodotti, hanno voluto dimostrare con i fatti l’insensatezza della norma prevista dal Ddl Sicurezza che minaccia la sopravvivenza delle loro aziende. Il decreto, nella sua formulazione attuale, rischia infatti di azzerare immotivatamente una filiera che vale mezzo miliardo di euro, con tremila aziende agricole e trentamila posti di lavoro e un peso rilevante sull’innovazione green e sul rilancio delle zone interne.

Al termine dell’incontro De Carlo ha dichiarato la propria disponibilità ad aprire un tavolo con Coldiretti e Ici per analizzare dal punto di vista tecnico la questione. “Il mio impegno è riuscire a capire e far capire come coniugare la posizione ferma governo verso chi ha abusato della legge 242 del 2016 con le legittime aspettative di chi ha investito in un settore che è parte da sempre dell’agricoltura italiana – ha spiegato il senatore –. Ci batteremo per trovare un punto di caduta che consenta agli agricoltori italiani di continuare a fare la propria attività e al Governo di impedire che qualcuno strumentalizzi il lavoro straordinario di migliaia di giovani per aggirare le leggi dello stato e quelle europee”.

“Serve lungimiranza per dare continuità alle tremila imprese agricole che coltivano canapa, continuando sulle indicazioni chiare del passato e creare le condizioni perché vengano rispettate le normative europee – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. Quel che è certo è che non lasceremo soli i nostri imprenditori di canapa, a costo di arrivare nelle sedi giudiziarie poiché non possiamo permetterci di cancellare i sogni e gli investimenti di tanti giovani che su questo settore hanno scommesso il proprio futuro, costringendoli a chiudere le attività”. 

I prodotti a rischio

Dalla pasta alle creme, fino ai mattoni di canapa sono molti i prodotti che rischiano di scomparire a causa di una disposizione contenuta nell’articolo 18 del disegno di legge n. 1236 che vieta “importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati”.

Bocciare l’uso delle infiorescenze anche se non destinate all’uso ricreativo va di fatto – spiega Coldiretti – ad equiparare la canapa a una sostanza illegale, nonostante l’assenza di effetti psicotropi e stupefacenti grazie ad un livello di thc inferiore allo 0,3%. Non a caso, oggi non è reato coltivare e lavorare le inflorescenze della canapa, trasportarle e commercializzarle, né usarle per produrre estratti e oli. Considerato che proprio la lavorazione delle infiorescenze rappresenta poi la parte più “pesante” del reddito dei produttori di canapa, vietarne l’utilizzo significa – sottolinea Coldiretti – cancellare definitivamente anche tutti gli altri usi in una filiera già importante per l’agricoltura italiana ma dalle incredibili potenzialità. Con il paradosso che nel nostro Paese sarebbe invece permessa la vendita degli stessi prodotti provenienti dall’estero.

La canapa viene oggi già usata nell’alimentare, con la produzione di olio, semi, farine, pasta, biscotti dolci, ecc., e nella cosmetica con creme viso e mani, scrub, shampoo e balsamo, abbronzanti e doposole, con varie proprietà anti-age, antisettiche e antiinfiammatorie. Ma permette anche di ottenere carta, risparmiando sull’uso di prodotti a base di cloro necessari per sbiancare quella tradizionale ricavata dagli alberi, mattoni e pannelli antisismici per la bioedilizia; imbottiture delle portiere, tettucci per le carrozzerie delle auto: bioplastiche, dalle pentole ai pannolini; biocarburanti; persino batterie per veicoli elettrici. Una filiera che nel giro dei prossimi cinque anni potrebbe raggiungere un valore di 8 miliardi di euro.

Legge Canapa

L’appello

Coldiretti, Filiera Italia e ICI – Imprenditori Canapa Italia si appellano dunque al Governo e al Parlamento affinché ritirino l’articolo 18 per discuterne in maniera puntuale in un tavolo aperto alle rappresentanze del settore, ad oggi mai consultate al riguardo, nell’interesse di un settore che da sempre ha visto il nostro Paese tra quelli più qualificati nell’impiego di tale prodotto in diverse filiere.

Secondo una stima Coldiretti in Italia i terreni coltivati a canapa sono arrivati a superare i 4000 ettari da Nord a Sud della penisola, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. Fino agli anni ‘40 la canapa era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore al mondo dietro soltanto all’Unione Sovietica, poi il declino per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche.

Le storie

Leonardo Rocchetti: “oggi ho 30 anni e sette anni fa ho convinto la mia famiglia a diversificare l’attività dell’azienda florovivaistica perché ho visto nella coltivazione della canapa un’opportunità di sviluppo. Abbiamo cominciato a coltivarla principalmente per il mercato della cosmetica. Circa un anno fa ho scoperto un altro dei mille usi della canapa e ho investito nel settore edilizio con la proposta del mattone in canapa che mi è valso anche il premio Coldiretti Oscar Green. Facciamo il conferimento del materiale a una ditta che poi fa la lavorazione con la calce.

Oggi tutto questo potrebbe finire e rischiamo di chiudere se non ci permetteranno di raccogliere, lavorare e commercializzare l’infiorescenza della canapa che è la parte redditizia della pianta. E come me rischieranno di sparire tante aziende in tutta Italia”.

Valentina Capone: “ho dato vita alla La Cooperativa Agricola “Canapa del Sud” con l’obiettivo di reintrodurre la coltivazione della Canapa Sativa L. nella regione Campania, e non solo, al fine di mostrare concretamente un nuovo modello di sviluppo territoriale ed economico sostenibile attraverso la realizzazione di un circuito virtuoso di economia circolare legato a una nuova filiera agro-industriale!
Canapa del Sud è specializzata nella produzione e prima trasformazione della canapa sativa destinata a diversi settori: alimentare, zootecnico, officinale e tecnico-industriale. La cooperativa partita nel 2018 con 25 produttori agricoli associati ha visto crescere la propria platea sociale fino a raggiungere 36 produttori agricoli associati con un incremento esponenziale anche della superficie impegnata a Canapa che passa dai 20ha iniziali a 120ha. Ma oggi quale futuro ci aspetta? Se passa questa norma rischia di crollare tutto quello che ho costruito in questi anni”.

Andrea Senese: “sono uno dei tremila imprenditori agricoli attivi nel settore della canapa in Italia. La mia azienda agricola è nata nel 2020 da un’idea mia, di mio cognato Michele e di Sofia, la mia compagna. Ci siamo guardati negli occhi e, con l’entusiasmo di tre giovani, ci siamo detti: perché non sfruttare questa opportunità che offre la legge 242 per creare un’azienda tutta nostra? Così abbiamo iniziato. Negli anni, siamo riusciti a dare occupazione a 25 persone offrendo un sostentamento stabile a 25 famiglie, padri, madri e figli che hanno potuto contare su un reddito grazie al settore della canapa. Queste famiglie hanno fatto affidamento sui loro contratti a tempo indeterminato per contrarre mutui e finanziamenti. Tuttavia, con l’approvazione del DDL Sicurezza, ci vedremo costretti a licenziare queste persone, guardarle negli occhi e dire loro che, per causa non dipendenti da noi, si troveranno in difficoltà economiche”.

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