Oltre 3.000 tonnellate di fango e detriti ostruiscono il Canale di Reno a Bologna dopo l’alluvione del 19 ottobre scorso. Per rimuovere tale quantità, serviranno circa 300 camion. Proprio a causa dei lavori in corso per rimuovere tutto ciò che lo ha intasato, il Canale di Reno non tornerà a vedere acqua corrente se non a ridosso di Natale (a meno di imprevisti). I costi dell’intervento non sono ancora stati quantificati. A spiegarlo è Milena Naldi, Presidente della Gacres, la società che gestisce i consorzi dei Canali di Bologna, oggi in conferenza stampa. “Ci stiamo ancora leccando le ferite – dice Naldi – e stiamo tirando fuori grandi quantità di fango e detriti che ancora non ci permettono di riaprire il Canale di Reno. Per questo non possiamo ancora dare acqua alla città, alla Bonifica Renana e al termovalorizzatore del Frullo. Siamo in grande emergenza”.
Il 19 ottobre, il Canale di Reno ha dovuto affrontare un volume d’acqua doppio rispetto a quello del maggio 2023. Quantitativo che non è riuscito a contenere, perché ha superato la capacità dell’intero reticolo, si spiega dal consorzio. Il canale ha quindi subito gravi danni, in particolare nel tratto sotterraneo che va dalla Certosa fino a via Marconi, passando sotto via Pasubio. I lavori ora sono in corso in corrispondenza della griglia di via Sacco e Vanzetti, in zona stadio. Operai e mezzi lavorano in spazi stretti e sotterranei, in stile catena di montaggio. Gli escavatori rimuovono i detriti e fango, che vengono portati fuori dal canale con dei piccoli cingolati. Qui vengono raccolti e poi caricati su camion per lo smaltimento.
“Bisogna rendere i canali più efficienti”
“L’obiettivo primario dei consorzi è la salvaguardia e la tutela dei canali – ricorda Jadranka Bentini, Presidente del Consorzio acque del Savena – all’orizzonte però si profila un compito più grave del passato“, a causa degli effetti del cambiamento climatico. Quindi, aggiunge Bentini, “con Regione e Comune dovremo essere alleati e lavorare insieme per rendere i canali più efficienti”.
Come consorzio Canali di Bologna, assicura Naldi, “siamo a disposizione per ogni riflessione rispetto a questo nuovo livello delle piogge. Come il 19 ottobre non era mai piovuto, nei nostri documenti storici non ci sono riscontri. Per 800 anni i canali hanno protetto e salvato la città, ora è diverso”. Quindi, sostiene Naldi, “bisognerà ragionare su opere di difesa e invasi, servono soluzioni a medio-lungo termine“. Scoperchiare i canali e i torrenti tombati invece è più arduo, valuta Naldi, perché “non si possono certo abbattere i palazzi che sono stati costruiti sopra”.
E poi, aggiunge Bentini, “non è che aprendo i canali c’è un maggiore scorrimento dell’acqua. Possiamo però limitare i danni a monte e su questo dovremo fare una forte discussione con la Regione. La collina non trattiene più acqua, anche a causa di un consumo di suolo eccessivo negli anni. Bisognerebbe stoppare tutto, la legge regionale è da ripensare. Per fortuna c’è questa consapevolezza finalmente anche da parte di chi ci governa”. “Le acque non vanno mai sottovalutate. Per anni la politica lo ha fatto, ora invece siamo in una fase di recupero e valorizzazione dei canali”, conclude Naldi.