“Jorg Buck è consigliere delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK Italien). Con lui parliamo della crisi dell’automotive. Insieme con i tedeschi siamo sulla stessa barca: quella della transizione all’elettrico. Con una tempesta in corso, però generata dalla concorrenza cinese. “Credo di no. Per un motivo molto semplice: non conviene né sul fronte economico né su quello ambientale. Inoltre, le aziende europee del settore hanno investito 350 miliardi in innovazione e ricerca. Se invece di considerare solo le emissioni allo scarico valutassimo quelle che riguardano tutto il ciclo di vita di un veicolo, compreso lo smaltimento delle batterie, scopriremmo che la mobilità elettrica resta più vantaggiosa. Questo non significa che non ci siano spazi anche per biocarburanti, idrogeno, e-fuel. Ma saranno spazi di nicchia.
Queste posizioni in Germania sono largamente condivise anche perché non sono posizioni politiche ma basate su valutazioni scientifiche molto concrete. Il problema non è la transizione all’elettrico ma il fatto che come Europa stiamo dando segnali discordanti. Si torna indietro… Si va avanti… Nell’incertezza chi deve cambiare l’automobile rimanda e la domanda di nuovi veicoli si riduce. Aggiungiamoci che in alcuni Paesi la diffusione dell’auto elettrica è ostacolata dalla mancanza di colonnine di ricarica. Vede, il 50% dell’economia è generato dalle aspettative. Per ripartire abbiamo bisogno di una narrazione diversa e positiva. Nel giro di due anni arriveranno auto elettriche più economiche, anche sotto i 20 mila euro. Le nostre aziende chimiche, penso a Basf per esempio, stanno implementando il riciclo delle batterie. E questo ci permetterà di recuperare materie prime rare per il ciclo produttivo. In futuro saremo sempre meno dipendenti dalla Cina su questo fronte. Germania e Italia hanno un sistema produttivo straordinario. Il problema è solo uno: dobbiamo credere nelle nostre possibilità”, si legge su L’Economia de Il Corriere della Sera.
“Non credo che le difficoltà di oggi non hanno niente a che fare con il modello di governance delle nostre imprese. Resto convinto che il coinvolgimento dei sindacati renda più solide le scelte delle imprese. Sono troppo bassi mentre la ricerca è indispensabile per fare il salto. Arriveranno dazi per le nostre merci La risposta a tutto questo non può che essere europea”, continua il giornale.