Azerbaigian alla Cop29: una facciata di sostenibilità dietro il petrolio e la repressione

"Fingendosi attivisti che protestavano contro l'impatto ambientale di una miniera d'oro, gli agenti del governo azero hanno bloccato per quasi dieci mesi l'unica strada che collega l'enclave all'Armenia"
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L’Azerbaigian è ospite della COP29 che si svolge dall’11 al 22 novembre, affrontando un’importante sfida diplomatica e ambientale. Il paese, con una popolazione di 10 milioni di abitanti, sta cercando di migliorare la sua reputazione internazionale, ma la sua economia rimane saldamente ancorata alle risorse naturali, in particolare al petrolio e al gas del Mar Caspio, che costituiscono il 92% delle esportazioni. Nonostante i gravi rischi climatici che lo minacciano, il presidente Ilham Aliev vede la COP29 come un’opportunità per ripristinare l’immagine di un paese che soffre di una lunga e controversa storia politica. Come sottolineato dal Le Monde, “la famiglia Aliev ha monopolizzato il potere per trentuno anni, imprigionando gli oppositori e imbavagliando i media“. L’Azerbaigian, al 130° posto nell’Economist Democracy Index e al 164° su 180 Paesi nel ranking di Reporter Senza Frontiere, ha riconquistato la sua integrità territoriale nel 2020, ma al costo di un conflitto sanguinoso. La violenza è proseguita con l’esodo di 100.000 armeni dal Nagorno-Karabakh nel 2023. Nonostante questo passato tumultuoso, sorprendentemente è stata l’Armenia, la “nemica” storica, a permettere a Baku di ospitare la COP29. Dopo una lunga battaglia diplomatica dietro le quinte durante la COP28 a Dubai, Erevan ha deciso all’ultimo minuto di ritirare il veto alla candidatura dell’Azerbaigian, consentendo così l’organizzazione del vertice. Il governo azero ha presentato la COP29 come una “COP di pace“, frutto di una “tregua” con Erevan.

Tuttavia, le questioni ambientali rimangono un tema controverso fra i due paesi. Per anni, Baku ha accusato l’Armenia di danneggiare l’ambiente e di privare i suoi agricoltori delle risorse idriche del Nagorno-Karabakh. Al contempo, il governo azero ha bloccato l’area, fingendo di essere attivisti contro l’inquinamento causato da una miniera d’oro, mentre in realtà, ha creato un blocco contro i 100.000 armeni che vivevano nell’enclave dal dicembre 2022. “Fingendosi attivisti che protestavano contro l’impatto ambientale di una miniera d’oro, gli agenti del governo azero hanno bloccato per quasi dieci mesi l’unica strada che collega l’enclave all’Armenia“, si legge nel rapporto. La gestione delle problematiche ambientali è stata ambigua: quando nel marzo 2023, 200 abitanti del distretto di Saatli hanno protestato per la grave carenza di acqua nei fiumi Kura e Aras, la risposta delle forze dell’ordine è stata la repressione violenta, con l’uso di proiettili di gomma. Inoltre, “la repressione si è intensificata in vista della Cop29, con una serie di 30 arresti di oppositori, giornalisti e sindacalisti negli ultimi mesi. Di conseguenza, in Azerbaigian non esistono più organizzazioni ambientaliste indipendenti.

Il Paese sta affrontando anche gravi problemi ambientali. Tra questi, l’inquinamento da metalli pesanti intorno a Baku, causato dall’estrazione di petrolio, e la crescente carenza d’acqua, aggravata dal riscaldamento globale. “L’UNICEF prevede che entro il 2025 le risorse idriche pro capite saranno tra le più basse al mondo.” Quando si verificano eventi climatici estremi, le autorità azerbaigiane tendono a minimizzare il problema, oscillando tra la negazione e la “preoccupazione“. Tuttavia, “quando le conseguenze minacciano i grandi progetti infrastrutturali del governo, lancia l’allarme.” Il presidente Ilham Aliev ha avvertito che se il livello del Mar Caspio dovesse continuare a scendere a questo ritmo, “ci troveremo ad affrontare non solo problemi ambientali, ma anche problemi di capacità di collegamento“, riferendosi al traffico marittimo transcaspico con i Paesi dell’Asia centrale e la Cina.

Per l’Azerbaigian, la COP29 rappresenta anche un’opportunità economica. Ahmad Alili, direttore del Caucasus Policy Analysis Centre, ha sottolineato che “questa iniziativa avrà ovviamente ricadute economiche. Baku è più che felice di presentare opportunità regionali“. Tra i progetti più rilevanti, uno riguarda la produzione di elettricità rinnovabile sulla costa azera del Mar Caspio, destinata all’esportazione nell’Unione Europea. L’Azerbaigian, corteggiato dall’UE e dalla Turchia per la sua capacità di esportazione di idrocarburi, sta anche rafforzando le sue relazioni con Mosca e Pechino, offrendo il suo territorio come un corridoio per il commercio nord-sud ed est-ovest.

Tuttavia, nonostante i tentativi di attrarre investimenti e migliorare la sua posizione internazionale, l’Azerbaigian si trova ad affrontare scetticismo in Occidente, soprattutto dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi. Diana-Paula Gherasim, ricercatrice presso il Centro per l’energia e il clima dell’Istituto francese di relazioni internazionali, ha dichiarato che “la diplomazia azera manca indubbiamente dell’esperienza necessaria per negoziare questioni multilaterali molto complesse“. Le dichiarazioni dei leader azeri sono in netto contrasto con le politiche per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Non sorprende, dunque, che “gli idrocarburi non siano nemmeno menzionati nelle ’14 iniziative’ proposte nel piano d’azione per la Cop29“. Secondo Gherasim, l’Azerbaigian sta “preparando il terreno per mitigare il possibile fallimento del vertice“.

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