Dalle malformazioni congenite alle anomalie funzionali dovute all’età; dalle alterazioni estetiche dovute all’invecchiamento della zona perioculare (borse palpebrali) alle neoplasie benigne o maligne orbito-palpebrali (tra cui angiomi infantili, tumori vascolari dell’adulto, tumori del nervo ottico); dagli esiti di traumi (come lacerazioni palpebrali o fratture delle ossa orbitarie) alle patologie sistemiche su base autoimmune. Ma ancora: dalla riabilitazione funzionale ed estetica dei pazienti affetti da paresi del nervo facciale alle alterazioni combinate della motilità extra-oculare e palpebrale presenti in forme patologiche, come per esempio le miopatie o l’orbitopatia tiroide-correlata, fino alla riabilitazione dei pazienti anoftalmici. Sono molteplici le problematiche a cui si dedica la Chirurgia Oftalmoplastica, la branca dell’oftalmologia che si occupa della patologia funzionale delle palpebre, della chirurgia dell’orbita, della chirurgia delle vie lacrimali di deflusso, della cavità anoftalmica e della chirurgia estetica palpebrale.
Il Congresso AIMO
Per fare il punto su questi temi, nell’ambito del 15° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Medici Oculisti (AIMO), in programma fino a domani presso il Palazzo dei Congressi dell’Eur, è stato organizzato un simposio dal titolo “Estetica della regione perioculare: stato dell’arte” coordinato dal professor Francesco Quaranta Leoni, responsabile scientifico di AIMO per la Chirurgia Oftalmoplastica, tra i massimi esperti nazionali ed internazionali del settore. Tra i relatori: la dottoressa Renata Migliardi; il dottor Dario Surace; il dottor Carlo Graziani; il dottor Michele Pascali. Un focus, in particolare, ha riguardato l’intervento più noto e diffuso, cioè la blefaroplastica, che ha lo scopo di migliorare l’aspetto estetico delle palpebre, rimuovendo o rimodellando in maniera personalizzata l’eccesso di cute, di tessuto muscolare o di grasso presenti a livello delle palpebre. Ogni anno in Italia vengono effettuati circa 40mila interventi di blefaroplastica, che risulta essere l’intervento di chirurgia estetica del volto più eseguito, raggiungendo il 12,9% del totale delle operazioni di chirurgia estetica nel nostro Paese. Globalmente, il 15% di tutti gli interventi di chirurgia estetica eseguiti è una blefaroplastica.
Inoltre, è l’intervento che viene più richiesto dagli uomini e il terzo dalle donne, dopo la mastoplastica e la liposuzione. Benché abbia subito un decremento fino al 2018, i dati negli ultimi anni sono tornati a crescere. La causa sembrerebbe essere collegata anche alla nuova modalità di lavoro in smart working, introdotta a seguito dell’emergenza pandemica, con la necessità di collegarsi spesso in video conferenza: questo avrebbe aumentato l’esigenza di correggere alcuni difetti del viso, meno percepiti in presenza. “L’intervento di blefaroplastica può essere eseguito sulle sole palpebre superiori, sulle sole palpebre inferiori o simultaneamente sulle palpebre superiori ed inferiori- ha spiegato il professor Quaranta Leoni- Il tipo di tessuto in eccesso e le quantità da rimuovere variano a seconda delle esigenze personali e delle indicazioni fornite dal chirurgo; a volte, infatti, non è necessario rimuovere il grasso in eccesso, che può invece essere semplicemente riposizionato in una posizione anatomica più adatta. La blefaroplastica è un intervento che deve pertanto essere modellato su ogni singolo paziente”.
Altre tecniche di ringiovanimento cutaneo
Alla blefaroplastica possono essere associate nello stesso tempo chirurgico (secondo le necessità del paziente e secondo le indicazioni del chirurgo) altre tecniche di ringiovanimento cutaneo, come il peeling chimico o il resurfacing, il lifting del sopracciglio, il lifting malare, la correzione della ptosi palpebrale superiore o della lassità palpebrale inferiore. “L’intervento – ha proseguito l’esperto- viene eseguito ambulatorialmente in anestesia locale con una modesta sedazione. L’anestesia locale consente una riduzione del sanguinamento, una maggiore sicurezza, precisione e un recupero più veloce. Entro due o tre giorni dall’intervento è possibile riprendere la maggior parte delle normali attività, ma l’attività sportiva deve essere evitata per due settimane”. Un buon risultato, ha quindi sottolineato il professor Quaranta Leoni, richiede “un’analisi ragionata, una pianificazione adeguata, un chirurgo qualificato, un’esecuzione corretta e una perfetta collaborazione da parte del paziente nel periodo post-operatorio”.
La blefaroplastica, dunque, deve ringiovanire lo sguardo e non alterare la fisionomia del paziente. “Anche se modeste asimmetrie possono costituire la regola- ha fatto sapere ancora l’esperto- realisticamente la maggior parte dei pazienti ottiene un miglioramento dell’80-90% dopo la blefaroplastica superiore e un miglioramento del 70-80% dopo la blefaroplastica inferiore. Rispetto alle procedure eseguite principalmente per combattere gli effetti dell’invecchiamento facciale (lifting facciale o lifting frontale), il risultato della blefaroplastica dura molto più a lungo e nella maggior parte dei pazienti la chirurgia estetica palpebrale viene eseguita una sola volta nella vita”. È di “fondamentale” importanza, in conclusione, il monitoraggio e la conservazione della funzione visiva e “per questo motivo il chirurgo oftalmoplastico è lo specialista più adatto per la realizzazione di questo intervento”, ha concluso Quaranta Leoni.