Il cambiamento climatico sta incidendo sulla variabilità del ciclo idrologico con ricadute su frequenza, persistenza e intensità degli eventi idrometeorologici estremi e sui loro effetti al suolo in termini di alluvioni, frane e colate detritiche. Lo ricordano Stefano Laporta, Presidente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), e Maria Siclari, direttore generale ISPRA, in audizione alla Commissione Politiche Ue della Camera sull’efficacia dei processi di attuazione delle politiche dell’Unione europea e di utilizzo dei fondi strutturali e di investimento europei per il Sistema-Paese. Gli indicatori nazionali di rischio, elaborati da ISPRA con una metodologia che risponde a criteri di trasparenza e replicabilità, sono stati già ampiamente utilizzati nella programmazione nazionale ed europea di settore, rappresentando un importante dato di contesto a supporto delle politiche nazionali di mitigazione del rischio.
In particolare, gli indicatori Popolazione a rischio frane e Popolazione a rischio alluvioni sono stati selezionati nel 2014 come indicatori di risultato nell’ambito dei Fondi strutturali europei 2014-2020 (Accordo di Partenariato 2014-2020 tra Italia e Commissione Europea). L’indicatore nazionale della Popolazione a rischio idraulico su base comunale è stato impiegato per l’individuazione delle priorità di intervento nell’ambito del Piano stralcio aree metropolitane e urbane contro le alluvioni (Delibera CIPE N. 32/2015) finanziato con circa 900 milioni di euro. I dati ISPRA sono stati inoltre utilizzati per l’indicatore di riparto su base regionale delle risorse finalizzate agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico (DPCM 5 dicembre 2016).
“Mappe e indicatori stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante in materia di valutazione e gestione dei rischi finanziari (di credito, di mercato, operativo) e nell’ambito dell’obbligo assicurativo per le imprese contro i rischi derivanti da eventi catastrofali, introdotto con la Legge di Bilancio 2024“, sottolineano i rappresentanti ISPRA. Sono inoltre utili ai soggetti che gestiscono infrastrutture critiche o erogano servizi essenziali nei settori dell’energia, trasporti, acque, infrastrutture digitali, per valutare il rischio fisico dovuto alle catastrofi naturali e garantirne la resilienza.
Dal 2018 gli indicatori sono utilizzati per concorrere alla costituzione dell’elenco dei Piccoli Comuni (L. 158/2017) che possono beneficiare dei finanziamenti per la “tutela dell’ambiente e dei beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia e riqualificazione urbana dei centri storici, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali”.
Nel 2023 nell’ambito di interlocuzioni tra l’ISPRA e il Ministero dell’Economia e delle Finanze è stata definita una metodologia per la stima della popolazione beneficiaria di misure di protezione contro inondazioni, incendi boschivi e altri disastri naturali legati al clima, in termini di popolazione residente nell’area di influenza dell’opera realizzata.
ISPRA: 93,9% dei comuni a rischio frane, alluvioni, erosione costiera
Laporta e Siclari hanno riferito alcuni dati relativi al dissesto idrogeologico in Italia. Dal ‘Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio’ edizione 2021 emerge che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera; il 18,4% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità per frane o alluvioni; 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane, 6,8 milioni di abitanti a rischio alluvioni nello scenario a pericolosità idraulica media. Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria. Le famiglie a rischio sono quasi 548.000 per frane e oltre 2,9 milioni per alluvioni.
Per quanto riguarda le industrie e i servizi, sono 84.000 (1,8%) le unità locali di impresa ubicate in aree a pericolosità elevata e molto elevata per frane, e quasi 643.000, ovvero il 13,4% del totale nazionale, quelle esposte a rischio alluvioni in caso di scenario a pericolosità media.
L’edizione 2024 del Rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico verrà pubblicata all’inizio del prossimo anno con un aggiornamento dei dati e delle mappe.
Frane
Sono oltre 635.000 le frane dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia e rappresentano i due terzi di quelle censite in Europa. L’Inventario è curato da ISPRA in collaborazione con le Regioni e le Province Autonome. Il 28% sono fenomeni estremamente rapidi caratterizzati da elevata distruttività, spesso con gravi conseguenze in termini di perdita di vite umane, come avvenuto recentemente a San Felice a Cancello in provincia di Caserta il 27 agosto scorso, con una colata rapida di fango e detrito che ha causato due vittime. Ogni anno si verificano qualche migliaio di frane e qualche centinaio di eventi principali di frana che causano vittime, feriti, evacuati e danni a edifici, beni culturali e infrastrutture primarie di comunicazione.
La Mosaicatura nazionale della pericolosità da frana, aggiornata da ISPRA con cadenza triennale, viene realizzata mediante l’armonizzazione in 5 classi dei dati dei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) redatti dalle Autorità di Bacino Distrettuali. L’8,7% del territorio nazionale è classificato a pericolosità da frana elevata o molto elevata nei PAI.
Secondo il Rapporto sulle condizioni di pericolosità da alluvione in Italia e indicatori di rischio associati (ISPRA, 2021), che illustra in maniera dettagliata le problematiche legate al tema delle alluvioni, l’estensione delle aree potenzialmente allagabili ammonta al 5,4% del territorio nazionale, nel caso di scenari di pericolosità/probabilità elevata (eventi frequenti), raggiungendo il 10% nel caso di pericolosità/probabilità media e il 14% per pericolosità/probabilità bassa (eventi rari). Alla naturale propensione del territorio nazionale al dissesto, legata alle sue caratteristiche meteo-climatiche, morfologiche, geologiche e sismiche, si aggiunge il fatto che l’Italia è un Paese fortemente antropizzato. L’incremento delle aree urbanizzate avvenuto in Italia a partire dal secondo dopoguerra, spesso in assenza di una corretta pianificazione territoriale, ha portato a un considerevole aumento degli elementi esposti a rischio, ovvero di beni e persone. Le superfici artificiali sono passate dal 2,7% negli anni ‘50 al 7,1% del 2022.
La Piattaforma IdroGEO
L’ISPRA pubblica i dati sul dissesto idrogeologico a scala nazionale attraverso la Piattaforma nazionale IdroGEO, un moderno sistema multilingua, open source, open data, che consente la consultazione, la condivisione, la produzione di report e il download dei dati, anche da smartphone. La piattaforma IdroGEO è stata recentemente potenziata con nuove funzionalità nell’ambito dell’infrastruttura di ricerca GeoSciences IR coordinata da ISPRA (PNRR MUR M4C2 Inv. 3.1).
In particolare, le imprese e i cittadini possono oggi utilizzare la funzione ‘Verifica la pericolosità’ per identificare il livello di pericolosità per frane e alluvioni in un intorno di 500 metri dalla propria attività economica o produttiva o abitazione. Su IdroGEO è possibile consultare anche i dati degli 890 sistemi di monitoraggio censiti nell’Anagrafe nazionale dei sistemi di monitoraggio in situ delle frane.
Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente – SNPA fornisce un importante contributo al monitoraggio e controllo delle frane attraverso le reti regionali gestite da ARPA Lombardia, ARPA Piemonte, ARPA Liguria e ARPA Veneto. Il monitoraggio strumentale consente di controllare l’evoluzione dei fenomeni franosi, supportare la progettazione delle opere di stabilizzazione e verificarne l’efficacia nel tempo, nonché di allertare la popolazione.
Mitigazione del rischio idrogeologico
Per quanto riguarda gli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, ISPRA gestisce ReNDiS1 (Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo), la piattaforma per il monitoraggio dell’attuazione degli interventi per la difesa del suolo, finanziati dal Ministero dell’Ambiente dal 1999 ad oggi, e per la gestione delle istruttorie di richiesta dei nuovi finanziamenti da parte delle Regioni. Dal 2022 è stata avviata una progressiva integrazione con interventi di competenza di altre amministrazioni centrali e, attualmente, sono entrati a far parte del censimento anche gli interventi finanziati dal Ministero dell’Interno, dal Ministero dell’Agricoltura, dai Dipartimenti Casa Italia e Protezione Civile della Presidenza del Consiglio.
Il recente dl 153 del 17 ottobre scorso – il cosiddetto dl Ambiente – ha esteso a tutti i soggetti attuatori di interventi di difesa del suolo, a prescindere dalla fonte di finanziamento, l’obbligo di comunicare i dati tecnici degli interventi all’ISPRA, per includerli nel ReNDiS, e questo consentirà di avere finalmente un quadro completo su scala nazionale di tutte le azioni per la difesa del suolo attuate o in corso di attuazione. Il quadro complessivo attuale, liberamente accessibile a tutti i cittadini sulla piattaforma ReNDiS, comprende oltre 25.500 interventi per un finanziamento complessivo di poco più di 19, 2 miliardi di euro.