Cop29, bozza finanziaria in arrivo: resta incerto l’accordo sulla transizione dai fossili

Il punto critico riguarda il trattamento dei Paesi emergenti con economie in crescita, come Cina, India, Corea del Sud e Stati petroliferi
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La pubblicazione della prima bozza dell’accordo finanziario della COP29 è prevista per la mezzanotte di oggi, con l’obiettivo di risolvere l’ultimo nodo mancante nei negoziati in corso a Baku, in Azerbaijan. Sebbene il lavoro tecnico dovrebbe concludersi oggi, restano ancora delle questioni politiche irrisolte che richiederanno attenzione. Durante la plenaria di questa mattina, la presidenza ha sollecitato un’accelerazione del processo, dichiarando che si sta facendo il possibile per concludere il negoziato entro venerdì.

All’inizio della COP29, il gruppo G77 + Cina aveva richiesto un finanziamento complessivo pari a 1300 miliardi di dollari, comprendente finanziamenti pubblici, privati e delle banche multilaterali di sviluppo. Tuttavia, i paesi in via di sviluppo continuano a chiedere una “finanza di qualità“, ossia una finanza “agevolata” che non aggravi ulteriormente i bilanci degli Stati già in difficoltà. Il gruppo di economisti incaricato dalla presidenza della COP ha confermato che l’importo necessario per il finanziamento climatico è di 1300 miliardi di dollari, cifra che è stata oggetto di un rapporto elaborato la scorsa settimana.

Tra i punti ancora da definire, c’è la questione della distinzione tra Paesi donatori e Paesi riceventi. Il negoziato si basa sull’accordo del 1992, quando Paesi come Cina, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti erano considerati riceventi, in quanto ancora in via di sviluppo. Con il passare degli anni, la volontà è quella di ampliare la base dei Paesi donatori. La Cina, che partecipa alla COP29 con il vicepremier, ha dichiarato per la prima volta di aver compiuto in questi anni “finanza economica volontaria”. Ora si pone la domanda se la Cina accetterà di entrare nel gruppo dei Paesi donatori e se sarà possibile rendicontare questa finanza volontaria.

Andrea Ghianda, di Ecco, un think tank sul cambiamento climatico, ha sottolineato l’importanza dell’accordo finanziario nella COP29, affermando: “La cosa fondamentale è che questa COP raggiunga l’accordo finanziario, che non faccia passi indietro rispetto alla COP28 e che riconfermi l’accordo di Dubai sull’uscita dalle fonti fossili triplicando le rinnovabili e raddoppiando l’efficienza energetica“, e aggiungendo: “Il G20 ha riconosciuto la necessità dell’accordo finanziario, ma non ha confermato la necessità dell’uscita dalle fonti fossili. Il rischio di questa COP è che si dimentichi proprio questo aspetto“.

A due giorni dalla conclusione della COP29, le posizioni tra Paesi sviluppati e quelli emergenti in merito alla finanza climatica restano lontane. “La parte difficile inizia ora“, ha dichiarato il negoziatore azero Ialtchine Rafiev, mentre il delegato dell’Unione Europea Wopke Hoeksra ha commentato: “Siamo su un pendio ripido“. In attesa della bozza finale, che dovrebbe essere pubblicata a mezzanotte, le cifre in gioco sono ancora oggetto di discussione. L’Unione Europea sarebbe pronta ad offrire tra i 200 e i 300 miliardi di dollari all’anno, mentre i Paesi arabi propongono un contributo di 440 miliardi. L’India e il G77 hanno abbassato la richiesta iniziale di 1300 miliardi a una cifra compresa tra i 600 e i 900 miliardi.

Il punto critico riguarda il trattamento dei Paesi emergenti con economie in crescita, come Cina, India, Corea del Sud e Stati petroliferi (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti), che non sono obbligati a contribuire finanziariamente, secondo l’Accordo di Parigi. Un possibile compromesso potrebbe essere l’introduzione di contributi volontari, proposta supportata dalla Cina. Con gli Stati Uniti indeboliti nei negoziati dopo l’elezione di Donald Trump, l’Unione Europea conta proprio sul contributo della Cina, che ha recentemente rivelato un finanziamento di 24 miliardi di dollari all’anno, per aiutare a smuovere gli equilibri e raggiungere un accordo. Inoltre, sono in discussione anche il ruolo delle banche multilaterali e del settore privato, oltre ai fondi derivanti dalla riforma del mercato dei crediti di carbonio.

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