COP29: il sociologo Angelini critica gli impegni presi a Baku

“È molto difficile operare costruttivamente in un contesto nel quale, secondo quanto denunciato dalle ONG, alla Conferenza sui cambiamenti climatici sono presenti 1.773 lobbisti del carbone, petrolio e gas"
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La COP29, che si sta svolgendo a Baku, non sembra riuscire a rispondere con la dovuta concretezza alle sfide del cambiamento climatico. A sostenerlo è il Professor Aurelio Angelini, sociologo dell’ambiente e del Territorio, che evidenzia la carenza di impegni stringenti. “C’è da essere sconfortati per come sta andando questa COP29. Molti grandi della terra non sono andati e chi, invece, è stato a Baku si è espresso in termini generici e vaghi. Questo mi fa ritenere che ci sarà una conclusione della COP con impegni non stringenti. Dunque, si prenderà atto di quanto c’è ancora da fare e che gli impegni assunti a Parigi non sono sufficienti”, ha dichiarato il sociologo, membro dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS).

La critica di Angelini si concentra anche sulla presenza di una forte influenza dei lobbisti del settore fossile. “È molto difficile operare costruttivamente in un contesto nel quale, secondo quanto denunciato dalle ONG, alla Conferenza sui cambiamenti climatici sono presenti 1.773 lobbisti del carbone, petrolio e gas. Una cifra che supera il numero delle delegazioni di tutti i paesi che partecipano alla COP”, ha aggiunto.

Angelini ha inoltre commentato i dati allarmanti presentati dalla COP29, provenienti dal progetto Global Carbon Budget, che mette in luce l’aumento delle emissioni di gas serra. “Sono molto allarmanti: ci dicono che probabilmente andiamo in rotta di collisione rispetto al cambiamento climatico. Questi nuovi dati, infatti, certificano che le emissioni di carbone, petrolio e gas aumenteranno dello 0,8% nel 2024. In sostanza, la riduzione delle emissioni attraverso le fonti rinnovabili è stata ‘mangiata’ dalle nuove emissioni nocive che, anzi, sono maggiori rispetto al 2023”, ha spiegato il sociologo.

Nonostante l’espansione delle energie rinnovabili, la situazione resta critica. “Nonostante il trend crescente delle energie rinnovabili, queste emissioni dovrebbero diminuire del 43% entro il 2030 affinché il mondo abbia qualche possibilità di limitare l’obiettivo dell’aumento della temperatura di 1,5 gradi e di arginare gli impatti climatici, che sono sempre più evidenti e drammatici. Impatti che causano danni a fronte dei quali oggi non siamo più soltanto di fronte alla necessità di realizzare la conversione energetica, ma anche di creare infrastrutture in grado di contenere gli effetti del cambiamento climatico”, ha sottolineato.

Il sociologo ha infine concluso con una riflessione sul futuro. “Era chiaro da tempo che si sarebbero dovuti fare di più perché, in termini assoluti, le emissioni globali aumentano e continueranno a crescere. Il ruolo della riconversione energetica deve prevedere non solo la sostituzione del parco ‘fossile’ attuale, ma anche di quello che ancora adesso è in forte crescita nei paesi emergenti, i BRICS. Insomma, l’impresa diventa sempre più gravosa: il cambiamento climatico avanza e nel mentre, noi rallentiamo”, ha concluso Angelini.

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