COP29, tra negoziati lenti e influenza dei combustibili fossili

Il cuore del dibattito riguarda la somma che le nazioni sviluppate dovranno destinare ai Paesi più poveri
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La 29ª Conferenza delle Parti (COP29) delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, in corso a Baku, Azerbaigian, si avvia verso la fine della sua prima settimana con i negoziatori ancora in trattativa su quanto dovranno contribuire i Paesi più ricchi per sostenere i Paesi in via di sviluppo nell’adattamento ai danni causati dal riscaldamento globale. Il cuore del dibattito riguarda la somma che le nazioni sviluppate dovranno destinare ai Paesi più poveri, soprattutto quelli del Sud globale, che già stanno affrontando gli effetti devastanti dei disastri climatici. Secondo alcuni esperti, servirebbero almeno 1 trilione di dollari all’anno, non solo per risarcire i danni, ma anche per finanziare la transizione verso fonti di energia pulita, un obiettivo che molti Paesi non possono permettersi senza un supporto esterno.

Nonostante le promesse, il processo negoziale è stato ampiamente criticato. Due ex alti funzionari dell’ONU hanno sottoscritto una lettera che chiede una transizione dal negoziato all’implementazione, mentre altri, tra cui l’ex vicepresidente statunitense Al Gore, hanno denunciato l’influenza predominante dell’industria dei combustibili fossili, evidenziata dalla presenza di oltre 1.770 delegati legati a questa industria a Baku. Il capo negoziatore, Yalchin Rafiyev, ha riconosciuto la lentezza dei progressi, ma ha difeso il processo, sottolineando che la COP ha già ottenuto risultati significativi, come la riduzione delle previsioni di riscaldamento globale e il finanziamento per i Paesi bisognosi. Nonostante le critiche, l’auspicio è che la presenza dei Ministri, prevista per la seconda settimana, possa stimolare un’accelerazione delle trattative.

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