COP29, c’è anche pessimismo: “non porterà a nulla, la nostra unica speranza è un’altra”

Jeffrey Sachs, PhD a Harvard, economista della Columbia University, ha parlato della Cop29
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“Non credo proprio che ci si possa aspettare alcun risultato significativo dalla conferenza Cop29“. È amareggiato e risoluto Jeffrey Sachs, classe 1954, PhD a Harvard, economista della Columbia University dove dirige il Center for Sustainable Development, nonché consigliere per le questioni ambientali del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, dopo esserlo stato per Kofi Annan e Ban Ki-moon. “Dobbiamo rassegnarci: siamo in un momento di sospensione. Né è il caso di contare su alcuna “ambasciata” convincente che Biden – tutto sommato ancora presidente – possa trasmettere in materia o tantomeno far passare in fretta al Congresso”.

I punti di ottimismo

“Ci sono tre punti di possibile ottimismo. Primo, i maggiori sostenitori di Trump, Elon Musk ma anche altri della Silicon Valley, sono fra i maggiori “global player” nelle tecnologie verdi. Secondo, la Cina sta crescendo sorprendentemente sul fronte tecnologico, in particolare nei settori green. È una sfida diretta agli Stati Uniti: o cerchiamo di riguadagnare il terreno perduto sull’auto elettrica e sulle innovazioni “environmentfriendly”, si legge su La Repubblica.

“Proprio in Texas, che produce il 40% del petrolio americano, e in diversi altri Stati dell’Unione dove è forte l’industria fossile, si stanno sviluppando i settori dell’economia verde, a partire dalle energie rinnovabili. È una svolta cruciale, che indica consapevolezza e sulla quale si può innestare un più ambizioso negoziato con i Paesi tipicamente produttori di petrolio. L’anno scorso eravamo negli Emirati Arabi Uniti (Sachs ha partecipato a tutte le 28 Cop precedenti, ndr) e malgrado le previsioni è stato fatto un buon lavoro. I paesi che dipendono dal fossile potrebbero impegnarsi a partecipare allo sforzo globale di tagliare a zero le emissioni, quindi per loro le estrazioni, entro il 2050. In cambio, dovrebbe essere loro garantito di poter usufruire di alti prezzi del greggio da oggi fino ad allora. Adesso, appena l’Opec taglia la produzione ei prezzi tendino a salire, gli Stati Uniti intervengono potenziando il fracking (l’estrazione di shale oil nel territorio americano, ndr), quindi i prezzi scendono e siamo sempre allo stesso punto, anzi peggio perché c’è più petrolio in giro per il mondo”, continua il giornale.

“Certo, tante altre cose devono succedere, a partire dalla pace in Ucraina e in Medio Oriente, nonché la fine delle tensioni Usa -Cina Sembrano utopie ma non sono impossibili se si ipotizza la fine dell’allargamento della Nato, lo Stato di Palestina a fianco di Israele, il blocco del riarmo di Taiwan da parte degli Usa. L’Europa è sempre stata. all’avanguardia nello sviluppo sostenibile Una volta liberata da quest’intreccio di guerra globale, potrebbe tornare a concentrarsi sulla sua antica nobilissima missione e aiutare il mondo intero a ripensare il modello di sviluppo in chiave di sostenibilità”, conclude il giornale.

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