COP29: pubblicata la bozza, resta il nodo dei criteri per i fondi

Il testo non definisce ancora l'ammontare esatto dei finanziamenti destinati ai Paesi vulnerabili
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La prima bozza del documento finale della COP29 di Baku sulla finanza climatica è stata pubblicata sul sito ufficiale dell’UNFCCC, l’agenzia delle Nazioni Unite per il clima. Sebbene attesa per la mezzanotte locale (le 21 in Italia), la pubblicazione è avvenuta con un ritardo significativo, intorno alle 07:45 ora locale (le 04:45 in Italia).

Il testo non definisce ancora l’ammontare esatto dei finanziamenti destinati ai Paesi vulnerabili, ma include 2 opzioni principali sui criteri: una riflette le posizioni dei Paesi in via di sviluppo, mentre l’altra rispecchia quelle dei Paesi sviluppati. Entrambe le opzioni menzionano la necessità di mobilitare “trilioni” di dollari, un ordine di grandezza nettamente superiore rispetto ai 100 miliardi di dollari annuali del fondo attuale, che scadrà nel 2025.

Le 2 proposte differiscono soprattutto nella struttura del fondo: la prima privilegia contributi pubblici a fondo perduto, mentre la seconda apre a una gamma più ampia di strumenti finanziari, tra cui investimenti privati e prestiti. Queste divergenze evidenziano le difficoltà nel raggiungere un accordo condiviso su un tema cruciale per il futuro della lotta al cambiamento climatico.

La bozza della COP29 sul Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG) di finanza climatica propone un aumento dei finanziamenti dai 100 miliardi di dollari annui previsti dall’Accordo di Parigi a “trilioni” di dollari, ma non specifica una cifra precisa. L’Opzione 1, sostenuta dai paesi in via di sviluppo (G77+Cina), prevede un fondo composto da contributi pubblici non onerosi, attivo dal 2025 al 2035, con supporto volontario da parte dei paesi in via di sviluppo, senza includere tali contributi nell’obiettivo climatico. La Cina, ancora classificata come Paese in via di sviluppo, mantiene la sua autonomia sugli aiuti. L’Opzione 2, sostenuta dai Paesi ricchi, propone finanziamenti da diverse fonti, pubbliche e private, entro il 2035, sottolineando cooperazione globale e trasparenza, senza richiedere esplicitamente contributi dai paesi emergenti. Entrambe le opzioni puntano a mobilitare miliardi di dollari all’anno per sostenere azioni climatiche nei Paesi vulnerabili.

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