Covid, scoperto il tampone che predice la forma grave: basta un test nasale

“La presenza di autoanticorpi nel naso ha dimostrato di svolgere un ruolo protettivo”
MeteoWeb

In un contesto di continua evoluzione nella lotta contro il COVID-19, gli scienziati della Emory University hanno sviluppato una nuova tecnologia che promette di rivoluzionare la gestione della malattia, consentendo non solo di rilevare l’infezione attraverso un semplice tampone nasale, ma anche di prevederne la possibile gravità. Lo studio, recentemente pubblicato su Science Translational Medicine, apre nuove prospettive per un trattamento più rapido e mirato, migliorando il quadro complessivo delle cure per il COVID-19.

L’innovazione è basata sull’analisi degli autoanticorpi presenti nella cavità nasale, che possono fornire informazioni cruciali sulla risposta immunitaria di un paziente al virus. Secondo gli esperti coinvolti, questo approccio non solo permette di prevedere se un paziente svilupperà una forma grave di COVID-19, ma aiuta anche a delineare un piano di trattamento tempestivo, incluso l’uso precoce di farmaci antivirali come il Paxlovid entro la prima settimana dall’insorgenza dei sintomi. “Con FlowBEAT, possiamo prendere un semplice tampone nasale e eseguire un test combinato per misurare simultaneamente tutti i tipi di anticorpi umani contro dozzine di antigeni virali e ospiti,” spiegano i ricercatori nello studio, sottolineando l’efficienza e sensibilità del nuovo metodo.

FlowBEAT: il cuore della ricerca

La tecnologia di base sviluppata presso Emory, chiamata FlowBEAT, rappresenta un significativo avanzamento nella biotecnologia per la misurazione degli anticorpi. Questa tecnica è in grado di rilevare una gamma completa di anticorpi contro antigeni sia virali sia prodotti dall’ospite stesso, permettendo una valutazione molto più precisa e su larga scala della risposta immunitaria del paziente. Nel contesto della pandemia, FlowBEAT potrebbe avere un ruolo chiave non solo per il COVID-19 ma anche per altri virus respiratori, come il virus dell’influenza e il virus respiratorio sinciziale (RSV), ampliando così il suo potenziale impiego in ambito clinico.

Lo studio: 125 pazienti e due anni di osservazione

La ricerca ha coinvolto 125 pazienti, seguiti per un periodo di quasi due anni e monitorati per diversi livelli di gravità del COVID-19, da forme lievi a quelle severe. Gli scienziati hanno analizzato campioni di sangue e di cavità nasale, tracciando le differenze nella presenza e nel comportamento degli autoanticorpi in ciascun sito. Una scoperta sorprendente è stata che oltre il 70% delle persone con forme lievi o moderate di COVID-19 ha sviluppato specifici autoanticorpi nel naso, associati a sintomi più lievi, a una risposta antivirale più efficace e a un recupero accelerato.

Autoanticorpi: una chiave di lettura per la gravità dell’infezione

Una delle scoperte più interessanti di questo studio riguarda la differenza tra la risposta immunitaria nel naso e nel sangue. Mentre gli autoanticorpi presenti nel sangue sono spesso associati a un aumento della gravità della malattia e a una predisposizione a forme più gravi di COVID-19, quelli rilevati nella cavità nasale sembrano avere un ruolo protettivo. Questi autoanticorpi nasali, infatti, potrebbero aiutare a regolare la risposta immunitaria per evitare un’eccessiva infiammazione, permettendo al corpo di combattere il virus in modo più equilibrato e senza danni collaterali.

La presenza di autoanticorpi nel naso ha dimostrato di svolgere un ruolo protettivo. Questo ruolo sembra limitare l’infiammazione eccessiva e supportare una risposta immunitaria più calibrata, contribuendo a un decorso più lieve della malattia.

Un nuovo standard per i test diagnostici?

I risultati di questo studio suggeriscono che un tampone nasale potrebbe diventare uno strumento chiave per valutare la probabilità di sviluppare una forma grave di COVID-19, permettendo ai medici di prendere decisioni informate e tempestive sui trattamenti. La capacità di distinguere tra risposte immunitarie a livello nasale e sistemico potrebbe portare a un cambiamento nelle modalità di triage dei pazienti, rendendo possibile una maggiore personalizzazione delle cure.

Se implementato su vasta scala, FlowBEAT potrebbe rappresentare un’evoluzione significativa nella diagnostica del COVID-19 e delle malattie respiratorie, fornendo informazioni cruciali per una gestione più precisa ed efficace dei pazienti.

L’applicazione di FlowBEAT oltre il COVID-19

Sebbene lo studio si sia concentrato principalmente sul COVID-19, le potenziali applicazioni di FlowBEAT vanno ben oltre questa specifica infezione. Gli autori dello studio ipotizzano che la capacità di rilevare e quantificare diversi tipi di anticorpi nella cavità nasale potrebbe essere estesa ad altre infezioni respiratorie, aprendo la strada a test più efficienti per una varietà di malattie virali.

FlowBEAT potrebbe quindi contribuire alla creazione di nuovi protocolli di screening per malattie respiratorie come l’influenza, garantendo una risposta sanitaria più rapida e mirata anche in futuro.

Condividi