Le incisioni rupestri del Pizzo Tresero smontano le narrazioni catastrofiste sui cambiamenti climatici: in passato faceva molto più caldo

I ghiacciai sono sempre stati soggetti a cicli naturali di ritirata e avanzamento, indipendentemente dall’attività umana
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La recente scoperta delle incisioni rupestri sopra il Passo di Gavia, a 3.000 metri di altitudine ai piedi del ghiacciaio del Pizzo Tresero, ha sollevato una riflessione importante sulla nostra comprensione dei cambiamenti climatici, mettendo in discussione la narrazione contemporanea secondo cui il cambiamento climatico odierno sarebbe principalmente causato dall’attività antropica. I petroglifi ritrovati, databili tra 3.600 e 3.200 anni fa, sono stati trovati in un’area che oggi è dominata da un ghiacciaio in rapido ritiramento. Tuttavia, durante l’epoca della loro realizzazione, il paesaggio montano era caratterizzato da un ambiente decisamente diverso: a 3.000 metri di altitudine non c’era alcun ghiacciaio. Questo dato suggerisce che il ritiro dei ghiacciai che oggi osserviamo non sia un fenomeno moderno esclusivamente causato dall’uomo, ma faccia parte di cicli naturali di alternanza tra fasi di glaciazione e periodi interglaciali che hanno sempre segnato la storia climatica della Terra.

I cicli climatici naturali: un meccanismo globale di lungo periodo

I cambiamenti climatici della Terra non sono mai stati statici; la nostra storia geologica è segnata da periodi di glaciazione alternati a fasi di riscaldamento globale. Questi cicli naturali sono il risultato di una combinazione di fattori astronomici, geologici e atmosferici che influenzano il clima su scale temporali che vanno da decine di migliaia a milioni di anni. Tra i fattori principali che regolano questi cambiamenti ci sono le variazioni nei parametri orbitali terrestri, conosciuti come i cicli di Milankovitch, e le fluttuazioni dell’attività solare, che incidono sull’intensità della radiazione solare che raggiunge la Terra.

I cicli di Milankovitch

I cicli di Milankovitch descrivono le variazioni periodiche nell’orbita terrestre che influenzano la distribuzione dell’energia solare sulla superficie del pianeta. Questi cicli si manifestano in tre principali variabili:

  • Eccentricità: la variazione della forma dell’orbita terrestre, che oscilla tra un’orbita quasi circolare e un’orbita più ellittica, alterando la distanza tra la Terra e il Sole. Il ciclo completo di questo cambiamento dura circa 100.000 anni.
  • Inclinazione dell’asse terrestre: varia la pendenza dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita. Un maggiore angolo di inclinazione comporta stagioni più estreme (più calde d’estate e più fredde d’inverno), mentre un angolo minore porta a stagioni meno pronunciate. Il ciclo di questa variazione dura circa 41.000 anni.
  • Precessione dell’asse: la rotazione dell’asse terrestre su se stesso, simile a un giroscopio, che provoca cambiamenti nell’orientamento della Terra rispetto al Sole. Questo ciclo dura circa 26.000 anni.

Questi cicli, che agiscono combinandosi in modo complesso, sono responsabili di lungo periodo dei periodi di riscaldamento e raffreddamento della Terra, influenzando direttamente l’espansione e il ritiro dei ghiacciai. L’oscillazione tra periodi glaciale e interglaciale, quindi, non è un fenomeno esclusivo degli ultimi secoli o millenni, ma una costante naturale che si ripete da milioni di anni.

Variazioni solari e vulcanismo

Un altro fattore chiave che influenza i cambiamenti climatici naturali è l’attività solare. Sebbene la variabilità solare non sia costante nel tempo, le fluttuazioni nell’intensità della radiazione solare che raggiunge la Terra hanno avuto impatti rilevanti sulle temperature globali. Oltre alla variabilità solare, le eruzioni vulcaniche massicce possono immettere nell’atmosfera grandi quantità di particelle che agiscono come un filtro per la luce solare, provocando un temporaneo abbassamento delle temperature. Questi eventi naturali, che non sono legati all’attività umana, hanno storicamente avuto un ruolo determinante nel raffreddamento o riscaldamento globale, con effetti talvolta più significativi rispetto agli impatti a lungo termine dei gas serra.

I ghiacciai delle Alpi: un esempio di ciclicità naturale

Le Alpi, come gran parte delle catene montuose, sono state modellate dai cicli climatici naturali che hanno determinato l’avanzamento e il ritiro dei ghiacciai. Durante le ere glaciali, che si sono verificate nel corso delle ultime centinaia di migliaia di anni, i ghiacciai avanzavano, coprendo vasti territori fino a quote molto basse. In seguito, con l’arrivo dei periodi interglaciali, questi ghiacciai si ritiravano, liberando le terre che avevano ricoperto.

L’epoca delle incisioni rupestri del Pizzo Tresero, circa 3.600 anni fa, si colloca in un periodo interglaciale, una fase più calda che ha visto il ritiro dei ghiacciai a quote superiori rispetto a quelle odierne. Questo periodo caldo, che segna un ciclo naturale di riscaldamento, non era in alcun modo influenzato dall’uomo, ma era il risultato delle forze naturali descritte dai cicli di Milankovitch e altre variabili atmosferiche.

Le evidenze archeologiche trovate ai piedi del ghiacciaio del Pizzo Tresero, come le incisioni rupestri, ci forniscono una chiara testimonianza di come, in un periodo caldo, l’ambiente montano fosse significativamente diverso rispetto a quello attuale, libero da ghiacci fino a quote molto elevate. Questo dato solleva un’importante questione: se circa 3.600 anni fa i ghiacciai non si estendevano fino a 3.000 metri di altitudine, come mai oggi, in un periodo segnato da un riscaldamento globale accelerato, questi ghiacciai si ritirano con velocità tanto preoccupante? La risposta risiede nel fatto che i ghiacciai sono sempre stati soggetti a cicli naturali di ritirata e avanzamento, indipendentemente dall’attività umana.

Non è colpa dell’uomo

Come dimostra la storia geologica e paleoclimatica della Terra, i cambiamenti climatici non sono un fenomeno esclusivamente moderno. I ghiacciai, ad esempio, si sono ritirati e avanzati in risposta a forze naturali molto tempo prima che l’uomo iniziassero a produrre CO₂ in quantità rilevanti. Le fasi naturali di riscaldamento e raffreddamento sono sempre state parte integrante dei cicli climatici globali, e non possiamo attribuire il ritiro dei ghiacciai unicamente alla crescente attività umana. L’attuale riscaldamento globale non è un’esclusiva dell’era moderna.

La datazione di questi petroglifi, che risalgono a circa 3.600 anni fa, ci dimostra che i ghiacciai si ritiravano in risposta a cicli naturali molto prima che l’umanità avesse un impatto significativo sul clima. Le alte quote dove oggi il ghiacciaio del Pizzo Tresero si trova a ritirarsi erano all’epoca libere da ghiaccio, suggerendo che la Terra è da sempre soggetta a mutamenti climatici ciclici che vanno ben oltre l’influenza dell’attività umana.

Una visione più ampia del cambiamento climatico

La scoperta delle incisioni rupestri ai piedi del Pizzo Tresero è una testimonianza di come i cicli naturali di riscaldamento e raffreddamento siano una parte costante e naturale della storia del nostro pianeta. L’attuale riscaldamento globale, sebbene accelerato dall’attività umana, si inserisce in un contesto di cambiamenti climatici che si verificano da milioni di anni, ben prima dell’influenza della CO₂ prodotta dall’uomo.

I ghiacciai delle Alpi e di altre catene montuose sono da sempre stati soggetti a un’alternanza tra avanzamento e ritirata, influenzata da cicli climatici naturali. Le incisioni rupestri del Pizzo Tresero, scoperte a 3.000 metri di altitudine, ci ricordano che il ritiro dei ghiacciai a queste altitudini non è un fenomeno recente, ma parte di una lunga e continua storia climatica che risponde a fattori naturali.

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