Il Lawrence Berkeley National Laboratory ha segnato un passo storico verso la creazione dell’elemento più pesante mai sintetizzato in laboratorio. Sfruttando tecniche di avanguardia che uniscono temperature estreme e isotopi rari, gli scienziati sono riusciti a produrre alcuni atomi di livermorio, un risultato che promette di aprire le porte alla futura sintesi dell’unbinilio, numero atomico 120, e all’esplorazione di una nuova frontiera della chimica nucleare. Un successo che si aggiunge alla lunga corsa verso l’isola della stabilità, un concetto che ha appassionato fisici e chimici per decenni e che potrebbe fornire risposte cruciali sulla stabilità e la struttura dei nuclei atomici.
Un’impresa senza precedenti: il processo di fusione con titanio vaporizzato
L’approccio sviluppato dagli scienziati del Berkeley Lab rappresenta un vero traguardo nell’ambito della chimica nucleare. La tecnica si basa sull’uso di un fascio di titanio vaporizzato, un metodo che permette di creare nuovi elementi grazie alla fusione di isotopi. In particolare, il titanio-50, un isotopo raro, viene riscaldato fino a raggiungere la temperatura di circa 1650 °C (3000 °F), una condizione che libera ioni di titanio pronti per essere irradiati su un elemento bersaglio. La combinazione di queste alte temperature e del rilascio di ioni ha portato alla creazione di livermorio, l’elemento numero 116 della tavola periodica.
Sebbene il livermorio non sia il più pesante mai sintetizzato – il record attuale appartiene all’oganesson, con numero atomico 118 – il successo di questa reazione ha dimostrato che il metodo con il titanio è valido e potrebbe condurre alla sintesi di elementi ancora più pesanti. “Questa reazione non era mai stata dimostrata prima, ed era essenziale dimostrare che era possibile prima di intraprendere il nostro tentativo di produrre 120,” ha spiegato Jacklyn Gates, chimico nucleare del Berkeley Lab e leader del progetto.
L’importanza dei “numeri magici” per la stabilità nucleare
Nella ricerca di elementi superpesanti, uno degli ostacoli maggiori è la stabilità del nucleo atomico, che tende a decrescere con l’aumento dei protoni. Elementi più pesanti sono infatti soggetti a disgregarsi rapidamente a causa dell’instabilità nucleare. Il calcio-48, un isotopo con 20 protoni, è stato utilizzato per anni nei laboratori come fascio di riferimento: i suoi protoni e neutroni, distribuiti in numeri definiti “magici,” gli conferiscono una maggiore stabilità, che facilita la fusione con l’elemento bersaglio e la formazione di nuclei pesanti. Tuttavia, per raggiungere pesi atomici superiori, i ricercatori hanno necessità di isotopi come il titanio-50, che, pur non avendo la stessa stabilità del calcio-48, possiede 22 protoni, sufficienti per costruire elementi dai numeri atomici più elevati.
“È stato un primo passo importante cercare di creare qualcosa di un po’ più facile di un nuovo elemento per vedere come il passaggio da un fascio di calcio a un fascio di titanio cambia la velocità con cui produciamo questi elementi“, spiega Jennifer Pore, fisico nucleare del Berkeley Lab. La tecnica, quindi, non è solo un nuovo metodo di sintesi, ma anche uno strumento di ricerca che permette di analizzare l’effetto del cambiamento di isotopi nei processi di fusione atomica.
Il ciclotrone da 88 pollici: 22 giorni di operazioni per creare solo due atomi
La sintesi di elementi superpesanti è un processo complesso e lento, che richiede attrezzature avanzate e pazienza. Il team del Berkeley Lab ha impiegato ben 22 giorni di operazioni presso il ciclotrone da 88 pollici, un acceleratore che sfrutta campi magnetici intensi per spingere gli ioni di titanio e creare un fascio ad alta energia, abbastanza potente da fondersi con l’elemento bersaglio, in questo caso plutonio. Dopo giorni di lavoro ininterrotto, i ricercatori sono riusciti a produrre due soli atomi di livermorio, un risultato che testimonia le difficoltà del processo ma anche la sua efficacia.
Per ottenere l’unbinilio, che richiederà l’uso di californio-249 come bersaglio, il team prevede un processo ancor più lungo. “Pensiamo che ci vorrà circa 10 volte più tempo per fare 120 che 116,” ha sottolineato il fisico nucleare Reiner Kruecken, evidenziando come l’intero percorso verso la sintesi di elementi sempre più pesanti sia un’impresa di pazienza e precisione.
Una competizione globale: Stati Uniti, Russia, Cina e Germania in corsa per l’unbinilio
Negli ultimi decenni, la scoperta di nuovi elementi è diventata una competizione internazionale, con squadre di scienziati provenienti da tutto il mondo impegnate a sfidarsi per ottenere risultati sempre più avanzati. Già nel 2006, un team russo dell’Istituto congiunto per la ricerca nucleare ha tentato per la prima volta di sintetizzare l’unbinilio, senza però riuscirvi. Tra il 2007 e il 2012, diversi esperimenti sono stati condotti al GSI Helmholtz Centre for Heavy Ion Research in Germania, ma non hanno portato al risultato sperato. Ora, con i ricercatori statunitensi di nuovo in campo, si prevede una competizione serrata, con squadre anche da Cina e Russia pronte a lanciare i propri tentativi.
“È davvero importante che gli Stati Uniti tornino in questa corsa, perché gli elementi superpesanti sono molto importanti scientificamente,” ha dichiarato Witold Nazarewicz, fisico nucleare e osservatore del campo, sottolineando l’importanza di queste ricerche per l’intera comunità scientifica.
L’isola della stabilità: la promessa degli elementi superpesanti
Uno dei motivi per cui gli scienziati mirano a creare l’unbinilio è la possibilità di avvicinarsi alla cosiddetta “isola della stabilità,” una regione teorica della tavola periodica in cui gli elementi superpesanti possiederebbero emivite più lunghe. Grazie a una combinazione di “numeri magici” di protoni e neutroni, questi elementi potrebbero esistere per periodi più lunghi, offrendo così nuove opportunità di studio.
Il raggiungimento dell’isola della stabilità aprirebbe scenari di ricerca totalmente nuovi. Gli elementi stabili e duraturi fornirebbero agli scienziati la possibilità di osservare e analizzare il comportamento atomico in condizioni estreme, di testare modelli avanzati di fisica nucleare e di comprendere i limiti della stabilità nucleare.
Le sfide e le opportunità della ricerca sugli elementi superpesanti
La produzione di elementi superpesanti come l’unbinilio è un processo ad alta intensità energetica e finanziaria. Ogni tentativo comporta costi elevati, dovuti all’uso di isotopi rari e all’impiego di attrezzature sofisticate. Inoltre, le emivite estremamente brevi di questi elementi rendono difficile studiarne le proprietà prima che si disintegrino.
Tuttavia, la scoperta di elementi con maggiore stabilità consentirebbe di approfondire la comprensione della materia stessa e aprirebbe la strada a future applicazioni tecnologiche, oggi ancora difficili da immaginare. Gli elementi pesanti potrebbero infatti avere proprietà uniche, utili in settori come l’ingegneria nucleare e la fisica dei materiali.
Per ora, il team del Berkeley Lab ha raggiunto un importante traguardo, ma la strada verso la sintesi dell’unbinilio e, in prospettiva, di altri elementi della tavola periodica, è ancora lunga. Le scoperte recenti, pubblicate su Physical Review Letters, rappresentano un contributo fondamentale alla scienza nucleare e portano con sé la promessa di futuri sviluppi che potrebbero cambiare radicalmente la nostra comprensione della struttura atomica e dei limiti stessi della materia.