Ingannati dai versi: le poesie generate dall’IA superano i classici e confondono anche gli esperti

I partecipanti erano significativamente più propensi a considerare le poesie generate dall'IA come opere umane, mentre attribuivano spesso le poesie degli autori classici all'intelligenza artificiale
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Negli ultimi decenni, il progresso dell’intelligenza artificiale ha modificato il panorama della produzione artistica, creando un ambiente in cui algoritmi sofisticati sono capaci di imitare stili letterari complessi e replicare schemi linguistici con una precisione sorprendente. Tra i vari ambiti esplorati, la generazione automatica di poesie rappresenta una delle sfide più interessanti, poiché coinvolge un livello di creatività e sensibilità che storicamente è stato considerato esclusivo dell’essere umano.

Il modello di IA utilizzato nello studio, ChatGPT-3.5, è un esempio di large language model (LLM), capace di apprendere una vasta gamma di stili poetici attraverso tecniche di apprendimento supervisionato e reinforcement learning. Questi modelli sono addestrati su grandi corpora di testi, tra cui opere di poeti classici e contemporanei, permettendo loro di generare composizioni che rispecchiano le caratteristiche stilistiche di autori rinomati come Shakespeare, Byron, Dickinson e T.S. Eliot. Tuttavia, il vero interrogativo non riguarda la capacità dell’IA di generare testi coerenti, bensì la capacità del pubblico di distinguere e valutare questi testi rispetto a quelli scritti dall’uomo.

Un esperimento sulla percezione poetica

Lo studio condotto da Brian Porter e Edouard Machery ha adottato un approccio sperimentale rigoroso, suddiviso in due fasi principali. Nella prima fase, un campione di 1.634 partecipanti è stato esposto a dieci poesie presentate in ordine casuale. Di queste, cinque erano opere di autori umani celebri, mentre le altre cinque erano state generate dall’IA, che aveva imitato lo stile dei poeti selezionati. Ai partecipanti è stato chiesto di identificare l’autore di ciascuna poesia, scegliendo tra “umano” e “IA“.

I risultati hanno evidenziato un fenomeno inaspettato: i partecipanti erano significativamente più propensi a considerare le poesie generate dall’IA come opere umane, mentre attribuivano spesso le poesie degli autori classici all’intelligenza artificiale. Tra le dieci poesie presentate, le cinque considerate meno probabili di produzione umana erano tutte composte da poeti reali. Questo risultato suggerisce una tendenza dei lettori a percepire la complessità e l’oscurità dei versi umani come segnali di incoerenza, interpretandoli come prodotti di una macchina.

Analisi statistica dei risultati

Un’analisi statistica approfondita dei dati raccolti ha confermato che i partecipanti avevano difficoltà a distinguere tra poesia umana e poesia generata dall’IA, con un tasso di errore che superava il 65%. Le analisi di regressione logistica hanno mostrato che le caratteristiche stilistiche come la metrica, il ritmo e l’uso delle metafore non influenzavano significativamente la capacità di identificare l’autore, suggerendo che i lettori si affidavano più a preconcetti e aspettative che a una valutazione oggettiva del testo.

Inoltre, le analisi di coorte hanno rivelato che i lettori con una maggiore familiarità con la poesia (ad esempio, laureati in letteratura o appassionati di poesia) non erano più abili nel distinguere le poesie rispetto ai lettori meno esperti. Questo risultato indica che l’intelligenza artificiale ha raggiunto un livello di sofisticazione tale da ingannare anche i lettori più preparati, sollevando dubbi sulla nostra capacità di riconoscere e apprezzare le sfumature della creatività umana.

Valutazione qualitativa delle poesie: la percezione estetica

Nella seconda fase dell’esperimento, un diverso gruppo di 696 partecipanti ha valutato le poesie in base a 14 parametri estetici, tra cui qualità, bellezza, emozione, ritmo, originalità e accessibilità. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: al primo gruppo è stato detto che le poesie erano state scritte da autori umani, al secondo gruppo che erano generate dall’IA, e al terzo gruppo non è stata fornita alcuna informazione sull’origine delle poesie.

L’analisi dei dati ha rivelato che i partecipanti tendevano a valutare negativamente le poesie che credevano essere state generate dall’IA, assegnando punteggi più bassi su 13 dei 14 parametri. Tuttavia, quando non veniva fornita alcuna informazione sull’autore, le poesie dell’IA erano spesso valutate più positivamente rispetto a quelle scritte da esseri umani, soprattutto in termini di accessibilità e chiarezza.

Questo fenomeno è indicativo di un bias di conferma: i lettori si aspettano che una poesia scritta da un essere umano sia superiore e, quando scoprono che il testo è stato prodotto da un’IA, tendono a svalutarlo. Tuttavia, senza informazioni sull’autore, la semplicità e la linearità delle poesie generate dall’IA diventano un vantaggio, portando i lettori a preferirle inconsapevolmente.

Implicazioni per la teoria estetica e il futuro della poesia

I risultati di questo studio sollevano questioni fondamentali sulla natura della creatività e sull’evoluzione della percezione estetica. La preferenza dei lettori per le poesie generate dall’IA potrebbe essere interpretata come un segnale di cambiamento nei gusti estetici del pubblico, sempre più orientato verso forme d’arte accessibili e facilmente interpretabili. Questo cambiamento potrebbe avere conseguenze significative per il futuro della poesia, spingendo i poeti umani a rivedere il loro stile e a semplificare il linguaggio per incontrare le aspettative di un pubblico influenzato dalla chiarezza dell’IA.

Inoltre, la difficoltà dei lettori nel distinguere tra creatività umana e artificiale mette in discussione le nostre idee tradizionali sull’autenticità e sull’unicità dell’arte. Se l’intelligenza artificiale è in grado di produrre poesie che vengono preferite rispetto a quelle umane, potrebbe essere necessario ripensare i criteri con cui valutiamo la qualità e l’originalità di un’opera poetica. Il confine tra creatività umana e algoritmica potrebbe diventare sempre più sfumato, aprendo la strada a nuove forme di collaborazione tra uomo e macchina nella produzione artistica.

Il futuro della poesia nell’era dell’intelligenza artificiale

Lo studio di Porter e Machery rappresenta un passo significativo nella comprensione di come l’intelligenza artificiale possa influenzare il nostro rapporto con l’arte. La preferenza dei lettori per le poesie generate dall’IA e la loro incapacità di distinguere tra creatività umana e algoritmica suggeriscono che stiamo entrando in una nuova era, in cui le macchine non solo imitano l’arte umana, ma la ridefiniscono attivamente.

Il futuro della poesia potrebbe non essere più una questione di competizione tra umani e IA, ma di co-creazione, in cui le capacità analitiche delle macchine si combinano con l’intuizione e la sensibilità dei poeti umani per creare nuove forme espressive. Tuttavia, rimane da vedere se il pubblico sarà pronto ad accettare questo cambiamento, o se continuerà a cercare nell’arte un riflesso dell’umanità che va oltre la mera funzionalità algoritmica.

Questa ricerca, in definitiva, non riguarda solo la poesia o l’intelligenza artificiale, ma tocca le radici stesse della nostra concezione di arte, creatività e autenticità, sfidando le nostre nozioni più profonde di cosa significhi essere umani nell’era delle macchine pensanti.

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