“Per l’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Daniela Gentile, ingegnere, classe 1961, genovese, l’accelerazione sul nucleare in Europa e nel mondo non è solo ragionevole ma anche necessaria. Indietro non si torna. Tutti pensano che dopo la bocciatura referendaria delle centrali in Italia, nel 1987, lo sviluppo del nucleare sia finito. Ansaldo Nucleare è la prova che non è così. Con Nira nel passato Ansaldo Meccanico Nucleare ha dato vita agli impianti di Caorso, Trino, Cirene, Pec e Montalto di Castro Poi, all’estero, ha contribuito a costruire la centrale francese del Superphenix e la prima unità dell’impianto di Cernavoda, in Romania”, si legge su Il Corriere della Sera L’Economia. “Stiamo collaborando ai programmi di ricerca sulla fusione nell’ambito del progetto Iter, ai progetti-pilota europei per lo sviluppo degli Small Modular Reactors Il nostro progetto è tra i nove selezionati dall’Alleanza Industriale Europea per lo sviluppo di un reattore di quarta generazione raffreddato a piombo (Lfr).)”.
“Vogliamo mantenere attivi tutti i filoni, a partire dagli impianti attuali, che richiedono un’estensione della vita utile, come quello di Cernavoda. Insieme con Mangiarotti, Westinghouse e Walter Tosto lavoriamo alla costruzione di settori del “vacuum nave” di Iter e stiamo sviluppando un complesso sistema di raffreddamento per il Tokamak, il cuore della centrale a fusione l’uranio, contrariamente a quello che si pensa, è localizzato in Paesi più stabili rispetto a quelli in cui ci sono gas e carbone. Un quarto è presente in Australia, un 50% di ciò che resta è in Paesi come Canada, Kazakistan o Namibia. Inoltre per i reattori più avanzati, si userà un combustibile che proviene dai reattori odierni, chiudendo il ciclo delle scorie”, continua il giornale.
Gli Smr
“Gli Smr: una soluzione anche per tutte quelle industrie energivore che non riescono ad eliminare il calore dai loro processi. Si tratta di impianti più contenuti, da 300 megawatt, che possono servire anche interi distretti industriali, in una logica di condivisione degli investimenti. Sarebbe un’iniezione di competitività, visto che ancora nel 2022 le nostre aziende avevano un costo dell’energia superiore del 38% Oltre al problema di gestire i costi derivanti dalla produzione di anidride carbonica”, si legge ancora.
“Regolando tutto, compresa la gestione dei rifiuti, su cui l’Italia non ha ancora un percorso definito. L’accettabilità sociale si ottiene facendo informazione in modo trasparente. Poi le leve ci sono: esiste una supply chain di una settantina di aziende con 13 mila dipendenti e 4 miliardi di fatturato. Certo, sorgerà anche il tema delle autorizzazioni, come esiste già per le rinnovabili”.
“Abbiamo calcolato, al 2050, un impatto economico di 50 miliardi: due punti e mezzo di Pil. E non va dimenticato che i processi di elettrificazione e digitalizzazione richiederanno sempre più Energia”, continua il giornale.