L’Italia è protagonista nella realizzazione del più grande telescopio ottico/vicino infrarosso al mondo, delle dimensioni “pari a quelle di uno stadio di calcio” e che permetterà di esplorare i pianeti “come non si era mai fatto prima“. È il progetto European Extremely Large Telescope (ELT) in costruzione nel deserto di Atacama in Cile, illustrato a LaPresse dal programme manager dell’ELT, Roberto Tamai, presso l’European Southern Observatory (ESO), la principale organizzazione intergovernativa di astronomia in Europa. “Ci sono più di 50 ditte che stanno partecipando alla costruzione del telescopio. La struttura metallica, che è il contratto più grande del progetto da 1,5 miliardi, è fatta da ditte italiane. In questo caso dalla Cimolai, in consorzio con WeBuild. L’ESO ha 16 Stati membri, tra cui l’Italia. Noi facciamo gare pubbliche con il denaro che riceviamo dai Paesi membri. Quest’anno abbiamo circa 250 milioni di fondi. I fondi vengono poi assegnati a chi vince le gare, tramite la miglior offerta. In questo caso sono state delle ditte italiane”, ha spiegato Tamai.
“Qui ci occupiamo di coordinamento, ma in prima persona saremo sul posto per occuparci degli assemblaggi e della futura operazione del telescopio, dell’osservatorio e di tutto il resto“, ha proseguito il direttore del progetto.
La scelta del deserto in Cile
La scelta del deserto cileno è legata a fattori scientifici: “questo è un telescopio che si muove nel visibile e infrarosso, quindi ha bisogno di certe caratteristiche dell’atmosfera sovrastante in termini di vapore acqueo e di limpidezza del cielo, mancanza di nuvole e contaminazione ottica. Sono stati osservati diversi siti, tra Namibia, Marocco e Australia, tra gli altri. Questo è un sito che corrisponde alle caratteristiche richieste dagli scopi scientifici del telescopio“, ha spiegato Tamai.
Le caratteristiche del telescopio
La caratteristica principale del telescopio “è la potenza“, ha spiegato ancora, quindi “la capacità di avere un’enorme superfice. Per unità di tempo raccoglie tanti fotoni, quindi riesce a vedere oggetti deboli e lontani e ad andare indietro nel tempo più degli altri. Aprirà finestre oggi inesplorate”.
Il telescopio ha anche una “capacità risolutiva maggiore degli altri“, ha aggiunto Tamai, quindi “è il primo telescopio capace di separare la luce della stella da quella dell’esopianeta. La luce della stella abbaglia, ma con questo telescopio riusciamo a separare le due luci. Noi oggi sappiamo che esistono gli esopianeti perché quando il pianeta gli gira davanti fa ombra. Si vede quindi la distanza e il tempo in cui gira. Inoltre, avremo la possibilità di scoprire se l’atmosfera dell’esopianeta contiene clorifilla, acqua, azoto. Faremo la spettroscopia dell’atmosfera e quindi capiremo se contiene bio-marker, oggetti della vita così come la conosciamo”.
Quando sarà operativo l’ELT
Il maxi-telescopio, che consentirà di avvicinarsi a un punto tale “da capire come si sono formate le prime costellazioni”, sarà operativo “alla fine di questo decennio, intorno al 2028-inizio 2029“, ha detto Tamai, che ha evidenziato come l’Italia sia leader anche nella costruzione della cosiddetta “ottica adattativa“, che consente di liberare l’immagine da una sorta di effetto di riverbero tramite “specchi sottilissimi che cambiano la loro forma”. “Usiamo una stella di riferimento e cambiamo l’immagine finché la stella di riferimento non è precisa”, ha concluso Tamai, sottolineando che la costruzione di un telescopio come quello del progetto ELT è la realizzazione di “un’autostrada verso la conoscenza”.