Gli effetti devastanti del cambiamento climatico e delle crisi sociali e politiche stanno incrementando il problema della fame globale. Secondo il Cesvi, in 18 Paesi del mondo, “gli eventi meteorologici estremi dell’ultimo anno hanno peggiorato i livelli di fame“, trascinando in condizioni di “insicurezza alimentare acuta oltre 72 milioni di persone, 15 milioni in più rispetto al 2022“.
Questi dati preoccupanti emergono dal nuovo Indice Globale della Fame 2024 (Global Hunger Index – GHI), uno dei principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana. Il rapporto viene redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Worldwide, organizzazioni del network europeo Alliance2015, di cui Cesvi fa parte, insieme, da quest’anno, all’Ifhv (Institute for International Law of Peace and Armed Conflict).
Le cifre contenute nell’Indice delineano un quadro preoccupante. Oltre alle crisi climatiche, le guerre hanno contribuito notevolmente all’aggravamento della malnutrizione globale, portando “un aumento dei livelli di malnutrizione di oltre 200 milioni di persone in un solo anno” e registrando un incremento del 26% negli ultimi quattro anni.
Se non verranno intraprese azioni incisive, il futuro appare cupo. Secondo il rapporto, “senza rapida inversione di tendenza nel 2030, 582 milioni di persone saranno ancora cronicamente denutrite, la metà in Africa“. Un monito severo rivolto anche ai leader mondiali riuniti a Baku per la COP29. Cesvi sottolinea l’urgenza dell’azione climatica, osservando che “se si manterrà questo ritmo, il mondo raggiungerà un livello di fame basso solo nel 2160, tra più di 130 anni“.
Le catastrofi naturali si sono moltiplicate. Nel solo 2023 si sono verificati “399 eventi disastrosi, più di uno al giorno, causando 86.473 morti e colpendo 93,1 milioni di persone, con perdite economiche pari a 202,7 miliardi di dollari“. Il rapporto mette in guardia: se non ci sarà un cambio di rotta, “i raccolti di grano, riso e mais potrebbero ulteriormente diminuire“, danneggiando in particolare “le comunità rurali, le famiglie a basso reddito e i gruppi già marginalizzati che sono fra i più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici“.
A soffrire maggiormente sono le regioni dell’Africa Sub-Sahariana, il Sud-Est Asiatico e l’America Latina. In Somalia, Cesvi interviene per supportare “i bisogni nutrizionali dei più vulnerabili“, con tre centri che forniscono “terapie nutrizionali salvavita“. Anche in Etiopia la situazione è critica, dove Cesvi sostiene le comunità attraverso “progetti di assistenza in denaro, riabilitazione e restauro di bacini per il raccoglimento dell’acqua“.
La sfida è globale e richiede risposte rapide per affrontare i cambiamenti climatici e la fame, che si intrecciano in una spirale sempre più difficile da controllare.