L’Italia riceve il 57% del petrolio azero e il 20% del gas: l’allarme sul Tap

"Secondo uno studio dell'Oxford Institute for Energy Studies, se si ipotizza il massimo livello plausibile di produzione dell'Azerbaigian, entro il 2030 potrebbero essere disponibili al massimo 15 miliardi di metri cubi all'anno di gas in aggiunta ai volumi già contrattualizzati"
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L’Azerbaigian destina il 57% delle proprie esportazioni petrolifere all’Italia, che così diventa il principale mercato di sbocco per il petrolio azero, e circa il 20% della produzione di gas, piazzandosi come secondo fornitore di gas per il nostro paese, dopo l’Algeria. A rivelarlo è uno studio del think tank italiano sul clima Ecco, pubblicato in occasione dell’apertura della COP29 a Baku.

Secondo Ecco, l’Azerbaigian può essere definito un “petrostato, visto che i combustibili fossili rappresentano oltre il 90% delle esportazioni, il 60% delle entrate pubbliche e il 35% del PIL nazionale. Il 95% delle esportazioni azere è composto da petrolio e gas naturale, con i paesi dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, che assorbono più della metà delle esportazioni totali.

In questo scenario, l’Azerbaigian sta puntando sempre di più sulla vendita del suo gas ai paesi europei, inclusa l’Italia, cercando di consolidare le proprie relazioni politiche ed economiche, basate soprattutto sulla cooperazione energetica. Tuttavia, Ecco lancia un campanello d’allarme: “l’incremento della capacità di trasporto del Tap (gasdotto TransAdriatic Pipeline, che dovrebbe passare da una capacità di 10 a 20 miliardi di metri cubi l’anno) non sembra giustificato all’interno di scenari che vedono l’Italia e l’Europa perseguire un percorso coerente con gli obiettivi climatici nazionali ed europei al 2030, nonché con gli impegni dell’Accordo di Parigi“.

A conferma di ciò, il think tank cita uno studio dell’Oxford Institute for Energy Studies che afferma: “secondo uno studio dell’Oxford Institute for Energy Studies, se si ipotizza il massimo livello plausibile di produzione dell’Azerbaigian, entro il 2030 potrebbero essere disponibili al massimo 15 miliardi di metri cubi all’anno di gas in aggiunta ai volumi già contrattualizzati. Tale stima potrebbe ridursi nuovamente entro il 2035, a causa del declino naturale del giacimento“.

Il dibattito sulla capacità del Tap è quindi destinato a proseguire, con interrogativi sul suo impatto sulle politiche energetiche europee e sugli obiettivi climatici che l’Europa si è prefissata.

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