Un innovativo approccio per rilevare le sostanze chimiche eterne, tra cui i perfluoroalchilici e polifluoroalchilici (PFAS), promette di ridurre significativamente i costi di analisi e di facilitare il monitoraggio della qualità dell’acqua. È quanto emerge da uno studio condotto dall’University of Massachusetts Amherst (UMass Amherst) e pubblicato sulla rivista Science Advances.
Le sostanze chimiche PFAS sono notoriamente persistenti nell’ambiente, resistendo alla decomposizione e rappresentando una minaccia significativa per la salute umana. “L’esposizione a queste sostanze è collegata a vari tumori (tra cui quello renale, testicolare, mammario, ovarico, della prostata, della tiroide e leucemia infantile), danni al fegato e al cuore e danni allo sviluppo di neonati e bambini”, evidenziano gli autori dello studio.
Ad oggi, il metodo più utilizzato per individuare i PFAS è la cromatografia liquida combinata con la spettrometria di massa. Tuttavia, questa tecnica richiede costose apparecchiature dal valore di milioni di dollari e complesse procedure di estrazione, risultando poco adatta per test sul campo. Inoltre, “la persistenza ostinata dei residui di PFAS può diminuire la sensibilità di questi strumenti nel tempo”, afferma Xiaojun Wei, primo autore dello studio e professore di ricerca presso l’UMass Amherst.
Il nuovo dispositivo sviluppato dai ricercatori si distingue per essere piccolo, economico e in grado di rilevare livelli di PFAS fino a 400 parti per trilione (ppt). Sebbene non possa individuare tutti i tipi di PFAS identificabili con la spettrometria di massa, gli scienziati intravedono un grande potenziale per questa tecnologia. “Stiamo portando il costo dello strumento da un milione di dollari a qualche migliaio”, affermano i ricercatori. “Abbiamo bisogno di una tecnologia migliore per rilevare i PFAS, più accessibile, più economica e più facile da usare. E più test in loco. Questa è la motivazione”.
Il dispositivo funziona grazie all’integrazione di una molecola chiamata ciclodestrina in un nanoporo, strumento normalmente impiegato per il sequenziamento del DNA. L’interazione “ospite-ospite” tra ciclodestrina e PFAS era già nota, ma come spiega Liu, uno degli autori, “nessuno l’aveva mai combinata con un nanoporo per il rilevamento”. “Ora stiamo utilizzando una di queste molecole chiamata HP-gamma-ciclodestrina come adattatore in un nanoporo di alfa-emolisina”, afferma Liu, trasformando così il dispositivo in un rilevatore di PFAS.
I ricercatori auspicano che questa scoperta possa sensibilizzare maggiormente sui rischi dei PFAS e portare alla creazione di un rilevatore portatile per il monitoraggio sul campo dell’acqua, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza e la salute pubblica.