Il dibattito politico e scientifico attorno al Ponte sullo Stretto continua a generare polemiche, soprattutto riguardo alla sicurezza sismica del progetto. Come riportato da Il Riformista, Gianluca Valensise, dirigente di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), ha preso una posizione chiara contro il catastrofismo che, secondo lui, alimenta il clima di paura e disinformazione. Valensise sottolinea come il rischio sismico dell’opera sia spesso trattato in modo superficiale, senza considerare adeguatamente le analisi scientifiche disponibili.
La Società Stretto di Messina
Il dirigente dell’Ingv ha spiegato che la collaborazione con la Società Stretto di Messina non è una novità, ma risale ai primi anni ’90. “Ricercatori dell’Ing-Ingv hanno collaborato con la Società Stretto di Messina dai primi anni ’90, fornendo dati di pericolosità e un modello della faglia che ha generato il terremoto del 1908. Un modello che è poi diventato la base dei calcoli di pericolosità ‘da scenario’”, ha spiegato Valensise. Questo modello è fondamentale per la progettazione del Ponte, poiché valuta le caratteristiche dello scuotimento sismico potenziale, basandosi su dati storici e scientifici.
Nel 2024, il focus della ricerca è stato ampliato per includere studi aggiornati sulle faglie attive e sulle deformazioni tettoniche in atto nell’area dello Stretto. Valensise ha precisato: “L’attività di questi ricercatori non è soggetta a endorsement da parte della presidenza dell’ente ma solo al giudizio della committenza di quegli studi e, a seguire, della commissione Via-Vas”. Questo chiarimento è cruciale per dissipare le accuse secondo cui l’Ingv avrebbe agito sotto pressione politica o economica.
Il mito del “via libera sismico” e le accuse a Repubblica
Uno dei principali fraintendimenti riguarda il presunto “via libera sismico” richiesto per il progetto del Ponte, un concetto che Valensise ha definito inesistente. “Spiace osservare che un quotidiano come Repubblica faccia riferimento a concetti inesistenti. Questa certificazione semplicemente non esiste, né in Italia né altrove; se anche esistesse, a emetterla non sarebbe l’Ingv”, ha affermato. Valensise critica l’approccio adottato dai media, accusandoli di confondere il pubblico e politicizzare una questione che dovrebbe essere trattata con rigore scientifico. “Aprire così un articolo su un tema tanto delicato e controverso è un modo per confondere le acque e gettare in politica un dibattito che è doveroso sottoporre all’opinione pubblica, ma a patto di farlo con correttezza”, ha aggiunto.
La disinformazione su un presunto certificato sismico è dannosa, poiché distoglie l’attenzione dai veri aspetti tecnici del progetto, creando panico ingiustificato. Valensise ha criticato apertamente i colleghi che contribuiscono a diffondere allarmismo senza solide basi scientifiche, alimentando una narrativa sensazionalistica che non trova riscontro nei dati.
La controversia sulla faglia Cannitello: esiste davvero?
Il tema della faglia Cannitello è spesso citato come uno dei principali rischi sismici per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Tuttavia, Valensise ha spiegato come molti studi mettono in dubbio l’esistenza stessa di questa faglia. “Per molti autori la faglia di Cannitello non esiste, e la sua presunta espressione in superficie è dovuta a fenomeni di abrasione marina diffusi nell’area”, ha affermato. Anche nel caso in cui la faglia fosse presente, le sue dimensioni sarebbero troppo ridotte per rappresentare un reale pericolo: “Comunque la si voglia vedere, prevale il fatto che si tratta di una faglia di dimensioni irrisorie – lunga al massimo 2 chilometri per 500-700 metri di profondità – e come tale incapace di generare terremoti o di produrre rotture di superficie”.
Questa valutazione si basa su analisi geodetiche moderne e su studi sismologici che monitorano i movimenti tettonici dell’area. I dati raccolti confermano che i siti scelti per la costruzione dei piloni del Ponte subiscono spostamenti minimi, di pochi millimetri all’anno, smentendo le teorie catastrofiste che prevedono deformazioni significative.
Progettazione innovativa e sicurezza sismica del Ponte
Uno dei punti chiave della discussione è la sicurezza strutturale del Ponte sullo Stretto. Valensise ha chiarito che il design dell’opera tiene conto delle caratteristiche sismiche della regione e utilizza un approccio innovativo per minimizzare i rischi. “Il Ponte sullo Stretto è una struttura con un periodo di risonanza tra 3 e 30 secondi: periodi lunghissimi, di molto superiori all’intervallo in cui i forti terremoti crostali come il 1908 rilasciano il grosso della radiazione sismica, tra 0,2 e 0,5 secondi. Può sembrare controintuitivo, ma quel terremoto lascerebbe il Ponte quasi indifferente”, ha spiegato.
Questa peculiarità progettuale deriva dall’adozione di tecniche ingegneristiche avanzate che riducono l’impatto delle vibrazioni sismiche sulla struttura. Le normative italiane per la costruzione di infrastrutture sono tra le più rigorose al mondo e hanno dimostrato la loro efficacia: “Nessun ponte o viadotto è stato danneggiato dai terremoti del Dopoguerra”, ha affermato Valensise, sottolineando la robustezza e la sicurezza delle infrastrutture italiane.
Polemiche infondate
Valensise ha dedicato una parte significativa del suo intervento a difendere l’indipendenza della comunità scientifica, criticando le accuse di conflitto di interessi rivolte ai ricercatori dell’Ingv. “Sostenere che abbiamo agito motu proprio è una falsità che lede gravemente la nostra professionalità, perché tende a sminuire il valore dei nostri risultati e lascia intendere che dall’operazione avremmo ricavato un vantaggio economico”, ha dichiarato. Valensise ha ribadito che, in qualità di ente di ricerca, l’Ingv opera seguendo standard rigorosi e non esprime posizioni politiche. “L’indipendenza dei ricercatori implica che non può esistere una ‘opinione dell’Istituto’ a cui adeguarsi”, ha concluso, criticando le narrazioni che dipingono l’Ingv come strumentalizzato da interessi esterni.