Riscritta la storia dell’evoluzione: scoperto un misterioso mix tra scimmia e uomo

L’analisi della microstruttura dei denti di un individuo giovane, deceduto intorno agli 11 anni, ha mostrato tassi di crescita molto elevati, comparabili a quelli delle scimmie moderne
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Un’analisi dei denti fossilizzati di ominini vissuti 1,77 milioni di anni fa a Dmanisi, in Georgia, sta gettando nuova luce sui processi di crescita dei nostri antichi antenati. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, suggerisce che i primi ominini potrebbero aver presentato una combinazione unica di maturità precoce, simile a quella delle scimmie, e sviluppo ritardato, tipico degli esseri umani moderni. Queste scoperte offrono una finestra unica sul processo evolutivo che ha caratterizzato il genere Homo durante le prime migrazioni fuori dall’Africa.

Un’analisi profonda per riscrivere la storia evolutiva

La nostra specie, Homo sapiens, si distingue per un’infanzia prolungata e una maturazione ritardata, tratti che ci differenziano dalle grandi scimmie antropomorfe, come gli scimpanzé e i gorilla. Tra le caratteristiche biologiche che evidenziano questa differenza, i denti svolgono un ruolo fondamentale. I denti umani, specialmente i molari permanenti, tendono a maturare più lentamente rispetto a quelli delle grandi scimmie, e questo ritmo di crescita è correlato allo sviluppo cerebrale e alla maturazione fisica.

Secondo lo studio condotto da Christoph Zollikofer e il suo team, l’analisi dei denti fossili provenienti dal sito di Dmanisi ha permesso di osservare i modelli di crescita incrementale conservati nella microstruttura dentale, offrendo così una visione diretta del ritmo di sviluppo di questi primi ominini.

Denti come archivi biologici: cosa ci raccontano i fossili di Dmanisi

I fossili di Dmanisi, rinvenuti nel Caucaso meridionale, risalgono a un periodo cruciale per l’evoluzione umana. Essi rappresentano alcune delle prime popolazioni di Homo che si sono stabilite fuori dal continente africano. Questi individui, tuttavia, presentavano un mix di caratteristiche fisiche che combina tratti arcaici e moderni, rendendo difficile collocarli precisamente nel nostro albero genealogico.

L’analisi della microstruttura dei denti di un individuo giovane, deceduto intorno agli 11 anni, ha mostrato tassi di crescita molto elevati, comparabili a quelli delle scimmie moderne. Tuttavia, la crescita dei denti posteriori, come i molari, era ritardata, un fenomeno più vicino al modello umano.

Utilizzando tecniche avanzate di imaging presso l’European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble, i ricercatori sono stati in grado di visualizzare la struttura interna dei denti con dettagli senza precedenti.

Crescita ritardata e sviluppo cerebrale: un adattamento bioculturale?

I risultati dello studio suggeriscono che i primi Homo presentavano un periodo di crescita prolungato, prima di un rallentamento generale della loro storia evolutiva. Questo rallentamento potrebbe essere collegato a un fenomeno di “riproduzione bioculturale“, che comprende sia aspetti biologici sia culturali. In altre parole, i primi ominini potrebbero aver sviluppato strategie riproduttive complesse, influenzate non solo dalla loro biologia, ma anche dal comportamento e dall’ambiente sociale.

Questa ipotesi potrebbe spiegare il motivo per cui, pur mostrando tassi di crescita dentale simili a quelli delle scimmie moderne, i fossili di Dmanisi rivelano anche un ritardo nello sviluppo dei denti posteriori. Tradizionalmente, si è ritenuto che l’infanzia prolungata e la maturazione ritardata fossero tratti distintivi degli esseri umani moderni, sviluppatisi molto più tardi nell’evoluzione. Tuttavia, i risultati di questo studio sfidano questa visione convenzionale, suggerendo che questi tratti potrebbero essere comparsi molto prima di quanto si pensasse, e in una forma più variabile.

Implicazioni per la paleoantropologia e oltre

Questi risultati potrebbero avere implicazioni significative per la nostra comprensione dell’evoluzione umana, suggerendo che l’adattabilità e la variabilità nei processi di crescita siano stati fattori chiave per il successo del genere Homo. Inoltre, lo studio offre nuove intuizioni su come i primi esseri umani abbiano potuto sfruttare al meglio le loro caratteristiche fisiche e cognitive per adattarsi ai nuovi ambienti durante le migrazioni fuori dall’Africa.

Questo studio rappresenta un passo avanti cruciale nella comprensione della complessità e della variabilità dell’evoluzione umana, offrendo una nuova prospettiva su come i nostri antenati abbiano vissuto, cresciuto e prosperato in un mondo in continuo cambiamento.

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