“L’ufficio di Bruno Pontecorvo è come lui lo ha lasciato: la scrivania, il telefono d’epoca, il bastone appoggiato sulla sedia. Alla parete le foto dei suoi maestri: i premi Nobel Enrico Fermi e Frédéric Joliot-Curie. La stanza è in uno dei sette laboratori del Jinr, l’istituto internazionale per la ricerca nucleare a Dubna, 120 chilometri a nord di Mosca. Ad aprirci la porta è il figlio di Bruno, Gil, anche lui fisico, che ha continuato a lavorare qui ma senza perdere i rapporti con l’Italia”, inizia così un approfondimento su ‘Ansa’. “Il territorio dell’istituto, con i lindi vialetti costeggiati dagli alberi, è recintato e sorvegliato dai militari. Fuori dai cancelli c’è un parco con una statua di Bruno, insignito dell’Ordine di Lenin e membro dell’Accademia delle Scienze sovietica. Un pò più in là, la pacifica distesa del Volga. Lungo le sue acque quattro anni fa è stato trasportato fin qui un gigantesco magnete da 80 tonnellate prodotto da un’azienda ligure, che sarà utilizzato per il rivelatore di particelle del nuovo acceleratore Nica. Quattro anni: altri tempi, prima che l’invasione russa dell’Ucraina interrompesse i contatti tra fisici italiani e russi”.
“A Dubna nel dicembre del 1949, per il compleanno di Stalin, fu inaugurato il primo acceleratore di particelle russo, allora il più potente al mondo. Tenuto all’inizio segreto, fu chiamato in codice ‘Installazione M’. L’anno seguente arrivò Bruno Pontecorvo, facendo perdere le sue tracce in Occidente. Dopo aver lavorato in centri di ricerca negli Usa, in Canada e Gran Bretagna, nell’estate del 1950 il fisico, che non nascondeva le sue simpatie comuniste, prese una lunga vacanza. In agosto festeggiò il compleanno al Circeo con il fratello, il regista Gillo Pontecorvo. Poi, con la moglie e i tre figli, volò in Finlandia”.
“Da lì qualcuno ci portò in macchina attraverso la foresta, ci fece passare il confine con l’Urss, e di là ci aspettavano altri uomini”, ricorda Gil, il figlio più grande, che allora aveva 12 anni. A lui, prima, non era stato detto niente. “Ero molto arrabbiato con mio padre – dice – volevo tornare dai miei amici in Inghilterra, a scuola. Non capivo”.
Per cinque anni in Occidente nessuno seppe niente di Bruno, nemmeno Gillo. “Ma mio padre mi raccontava di aver immaginato dal primo momento che era finito in Russia”, dice al telefono da Ginevra Ludovico Pontecorvo, il figlio del regista che lavora come ricercatore al Cern. Nel 1955 la conferma. Nell’ufficio di Bruno è conservata una copia dell’Unità del primo marzo di quell’anno con in prima pagina la notizia della sua riapparizione, in una conferenza stampa a Mosca. Da allora continuò i suoi studi nel campo dei neutrini. Dal 1956 quello di Dubna è un istituto internazionale, dove lavorano 4.500 persone, tra cui 1.200 scienziati e 2.000 tecnici. Qui sono stati sintetizzati diversi nuovi elementi, tra cui il Dubnium e il Moscovium. La cooperazione con l’Italia è cominciata alla fine degli anni ’60. Gil Pontecorvo, per esempio, ha lavorato a lungo con l’Università di Torino. Ma altri ricercatori qui parlano italiano: come Dmitry Naumov, vicedirettore del laboratorio per i ‘Problemi nucleari’, che in passato ha lavorato alla sezione di Firenze dell’Istituto nazionale di fisica nucleare.
“Alexei Zemchugov ci porta a vedere l’acceleratore Nica, che entrerà in funzione tra qualche mese. All’esterno dell’edificio c’è una montagna di blocchi di cemento che formeranno uno scudo protettivo intorno alle apparecchiature. All’interno, Zemchugov mostra il punto in cui si scontreranno gli ioni pesanti”, si legge ancora. Il super magnete prodotto dalla ASG Superconductors di La Spezia – 8 metri di lunghezza per quasi 6 di diametro – servirà a tracciare le particelle prodotte dalle collisioni. “Con l’azienda italiana continuiamo ad avere contatti per le questioni legate all’installazione”, fa sapere Zemchugov. Ma le altre collaborazioni sono interrotte. “Gli scienziati italiani – dice – hanno rifiutato anche di partecipare alle celebrazioni per il 75/o anniversario del nostro primo acceleratore”.
L’approfondimento continua: “i contatti tra istituti occidentali e il Jinr non sono in teoria proibiti. Il Cern ha interrotto ogni collaborazione con fisici degli istituti russi, che hanno preso posizione in favore della cosiddetta ‘operazione militare speciale’. Ma non con Dubna, e questo ha provocato le proteste di scienziati ucraini. Tra di loro Borys Grynyov, rappresentante di Kiev nel Consiglio del Cern e fino al 2022 membro del Consiglio scientifico del Jinr. In un’intervista con la rivista Nature, Grynyov ha sottolineato che l’istituto è finanziato all’80% dallo Stato russo e lo ha accusato di mantenere stretti rapporti con l’industria bellica di Mosca”.
Zemchugov respinge le accuse
“Grynyov – dice – si riferisce evidentemente alla Raduga, una compagnia con sede a Dubna che produce missili. Ma con loro organizziamo solo corsi di formazione all’università per lavoratori specializzati dell’industria, di cui abbiamo bisogno sia noi che loro”.
Lo stop alla collaborazione con fisici di istituti russi è stata “giusta”, dice da Ginevra Ludovico Pontecorvo, “ma in questo modo si perdono contatti importanti nella ricerca e nella scienza, che esistevano anche ai tempi della Guerra Fredda”. E quando sarà finito il conflitto, “non sarà semplice restaurare una collaborazione dopo anni di interruzione”. Il Jinr, in quanto istituto internazionale, potrebbe essere quindi una porta attraverso la quale “si può sperare un domani di riprendere più agevolmente la collaborazione, perché la scienza – afferma Pontecorvo – dovrebbe unire”.