L’ultima sfida di Pechino: trasformare i depositi degli autobus in hub energetici solari

L'obiettivo di Pechino, trasformare i depositi degli autobus in hub energetici solari: collaborazioni e studi
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Quando si tratta di combattere il cambiamento climatico, i trasporti pubblici elettrici, in particolare gli autobus, sono fondamentali: incoraggiano livelli di densità urbana efficienti dal punto di vista energetico, tolgono dalla strada decine di veicoli inquinanti e non rilasciano emissioni dallo scarico. La popolarità di questo approccio presenta tuttavia delle sfide: le città possono distribuire gli autobus elettrici più velocemente di quanto le loro reti elettriche riescano a tenere il passo con l’aumento della domanda. Per la professoressa di ingegneria dell’Università dello Utah, Xiaoyue Cathy Liu, questa sfida rappresenta un’opportunità, non solo per risolvere il problema immediato della stabilità della rete, ma anche per ripensare radicalmente il modo in cui i sistemi di trasporto pubblico sono integrati in altre parti dell’infrastruttura civica.

“Integrare la produzione di energia solare in loco e l’accumulo di energia nei depositi degli autobus introduce una modalità di produzione e di gestione dell’ energia rinnovabile del tutto nuova”, ha detto Liu, “trasformando un deposito di trasporto pubblico in un hub energetico che produce più elettricità di quanta ne consumi”. Professoressa presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Price College of Engineering, Liu ha recentemente pubblicato sulla rivista Nature Energy uno studio che analizza il potenziale di questo approccio utilizzando i dati della flotta di autobus elettrici di Pechino.

La collaborazione e gli studi

La collaborazione internazionale comprende ricercatori della Beihang University cinese, della Chalmers University of Technology svedese e del Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research ISI tedesco. I 27.000 autobus di Pechino costituiscono il più grande sistema di trasporto pubblico del mondo. Oltre il 90% di quelli in servizio dal 2022 è a basse o nulle emissioni.

Questi mezzi alimentati a batteria si ricaricano attraverso una rete di oltre 700 depositi di autobus distribuiti su 6.500 miglia quadrate, un’infrastruttura fisica sostanziale che funziona in parallelo con la rete elettrica della regione. Data la richiesta di energia da parte dei veicoli che servono, questi depositi comportano un carico pesante sulla rete, aumentando il potenziale di blackout localizzati o altre interruzioni. Liu ed i suoi colleghi stanno quindi valutando se l’ energia solare generata localmente sarebbe sufficiente a controbilanciare questa domanda. Inoltre, stanno studiando i complicati fattori economici che determinano la fattibilità di questo approccio. “Oltre a soddisfare la domanda, le nostre simulazioni mostrano che questi depositi potrebbero diventare produttori di energia , stabilizzando ulteriormente la rete”, ha detto Liu. Lo studio si basa su un modello computerizzato della rete di autobus di Pechino, completo di dati reali sulla temperatura dell’aria e sull’irraggiamento solare in ogni deposito, registrato nel corso del 2020.

In combinazione con la superficie del tetto di ogni deposito, i ricercatori sono stati in grado di prevedere la produzione elettrica dei pannelli solari che potrebbero essere installati. Ad aumentare la complessità di questo modello è il grado di variazione tra i depositi, sia in termini di domanda che di offerta. Con un maggior numero di autobus da caricare, i depositi più affollati possono sfruttare al massimo la giornata di sole, mentre i depositi più remoti dovrebbero immagazzinare o ridistribuire l’elettricità in eccesso per evitare che vada sprecata. “Abbiamo scoperto che l’accumulo di energia è il fattore più costoso del modello, per cui sarebbe necessario implementare programmi di ricarica più intelligenti e strategici”, ha dichiarato Liu.

“La reattività è fondamentale, dato che gli schemi di tariffazione variabile dell’energia hanno un impatto notevole sull’economia complessiva”. I ricercatori mirano a generalizzare ulteriormente il loro modello, fornendo ad altri Paesi un percorso per stimare il ritorno sull’investimento per trasformare in modo simile i depositi degli autobus e altre infrastrutture civiche in hub energetici.

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