Le persone più vulnerabili del mondo, quelle che fuggono da guerre, violenze e persecuzioni, sono anche le prime vittime della crisi climatica globale. Questo è quanto emerge dal rapporto dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che mette in luce come gli oltre 120 milioni di sfollati forzati siano prevalentemente concentrati in paesi già duramente colpiti dal cambiamento climatico. Di questi, circa tre quarti vivono in aree vulnerabili, dove i conflitti e i disastri naturali si sovrappongono. In particolare, metà di loro si trova in luoghi come l’Etiopia, Haiti, il Myanmar, la Somalia, il Sudan e la Siria, che affrontano gravi rischi climatici.
Il rapporto è stato presentato in occasione della Conferenza sul clima COP29 a Baku, dove Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha dichiarato: “Il cambiamento climatico è una dura realtà che colpisce profondamente le vite delle persone vulnerabili.”
L’analisi prevede che, entro il 2040, il numero di paesi che dovranno affrontare rischi climatici estremi passerà da 3 a 65, e molti di questi sono anche i paesi che ospitano la maggior parte degli sfollati. Inoltre, si prevede che le condizioni di vita nelle aree che ospitano rifugiati, come gli insediamenti e i campi profughi, peggioreranno drasticamente, con il doppio dei giorni di caldo pericoloso entro il 2050.
Grandi ha inoltre aggiunto che “la crisi climatica sta causando lo sfollamento in aree che stanno già ospitando un gran numero di persone sradicate da conflitti e insicurezza, peggiorando la loro situazione e lasciandole senza un posto sicuro dove andare.” Esempi concreti sono il conflitto in Sudan, che ha costretto milioni di persone alla fuga, con 700.000 rifugiati che hanno attraversato il Ciad. Questo paese, già da decenni rifugio per i profughi, è uno dei più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Allo stesso tempo, molte persone che sono fuggite dai combattimenti ma sono rimaste in Sudan rischiano di essere nuovamente sfollate a causa delle inondazioni che stanno devastando il paese.
Anche in Bangladesh, dove si rifugiano circa il 72% dei rifugiati provenienti dal Myanmar, i rischi naturali sono considerati estremi, tra cicloni e inondazioni.
In questo contesto, l’UNHCR fa appello agli Stati affinché proteggano gli sfollati forzati, che sono ora minacciati anche dai disastri climatici, e per garantire che le comunità ospitanti e i rifugiati stessi abbiano voce nelle decisioni politiche e finanziarie che li riguardano. “Le soluzioni sono a portata di mano, ma è urgente agire. Senza le giuste risorse e il giusto supporto, le persone colpite saranno intrappolate,” ha concluso Grandi.
Concludendo, il rapporto mette in evidenza che la crisi climatica è ormai una realtà che contribuisce in modo determinante alla sofferenza di chi è già stato esposto alle violenze e ai conflitti, creando un circolo vizioso di insicurezza e disagio per milioni di persone vulnerabili.