Oggi un nuovo capitolo nell’esplorazione spaziale ha preso il via con il lancio di una missione carica di materiali all’avanguardia, destinati alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Questi materiali di ultima generazione, sviluppati dalla University of Bristol, saranno messi alla prova in condizioni estreme di bassa orbita terrestre, dove affronteranno sfide ambientali impensabili.
Materiali resilienti per le missioni del futuro
Il progetto, frutto di anni di ricerca, ha come obiettivo il collaudo di materiali compositi rinforzati in fibra di carbonio, in grado di sopportare temperature comprese tra -150°C e +120°C. Inoltre, dovranno resistere agli impatti con i detriti spaziali, viaggiando fino a 28mila km/h, nonché alle radiazioni elettromagnetiche intense, al vuoto spaziale e all’erosione causata dall’ossigeno atomico. Se questi materiali si dimostreranno capaci di sopravvivere in un ambiente così ostile, potrebbero rivoluzionare la costruzione di future stazioni spaziali, navicelle per viaggi interplanetari e persino nuovi insediamenti su pianeti lontani.
Test in orbita: una piattaforma per il futuro
I materiali, tra cui 4 polimeri rinforzati in fibra di carbonio, verranno installati sulla piattaforma Bartolomeo, un’area di sperimentazione situata nella parte frontale della ISS. Durante un periodo compreso tra 12 e 18 mesi, completeranno circa 9mila orbite intorno alla Terra a una velocità vertiginosa, sperimentando cicli ripetuti di estremo riscaldamento e raffreddamento.
Il team della University of Bristol, guidato dal professor Ian Hamerton, docente di Polimeri e Materiali Compositi Sostenibili, ha lavorato con dedizione per progettare questi materiali, considerando non solo le temperature estreme e gli impatti ad alta velocità, ma anche l’irraggiamento continuo. “Lo Spazio è il banco di prova più estremo per la progettazione di nuovi materiali,” ha spiegato Hamerton. “È una sfida enorme, dove non c’è possibilità di manutenzione”.
Verso un futuro sostenibile e resiliente
Oltre alla resistenza, il progetto della University of Bristol ha considerato la sostenibilità dei materiali, puntando a sviluppare compositi che, al termine della loro vita utile, possano essere riciclati e riutilizzati. Questa caratteristica è fondamentale per le missioni a lungo termine, in cui i materiali usurati potrebbero essere convertiti e riutilizzati, riducendo così la necessità di spedizioni di rifornimento.
Un’altra area di interesse è la protezione dalle radiazioni cosmiche galattiche, una sfida fondamentale per il futuro insediamento umano su altri pianeti. Ali Kandemir, Ricercatore Associato presso l’Università, ha spiegato: “Cerchiamo materiali che non solo possano sopportare l’ambiente spaziale, ma che possano anche proteggere gli esseri umani da radiazioni dannose”.
Collaborazione e opportunità per i ricercatori
La missione, supportata dalla UK Space Agency e condotta in collaborazione con il National Composites Centre (NCC), è stata anche una preziosa opportunità per studenti e giovani ricercatori. Il progetto ha visto il contributo di diversi studenti di ingegneria aerospaziale della University of Bristol, che hanno lavorato su progetti di ricerca finale legati ai materiali spaziali. Professori, dottorandi e studenti universitari hanno unito le loro competenze in un ambiente di ricerca multidisciplinare che testimonia l’importanza della collaborazione internazionale.
Con il lancio del veicolo Dragon, che ha trasportato questi materiali pionieristici verso la ISS, si è concretizzato un lungo lavoro di ricerca e sviluppo. Questa missione rappresenta un banco di prova che potrebbe dare il via a una nuova era di esplorazione spaziale, in cui materiali sempre più performanti e sostenibili renderanno possibile l’insediamento umano in ambienti fino a oggi inimmaginabili.